Quando ho iniziato ad occuparmi del Museo di Palazzo Galeotti nei primi anni ‘80, vidi in un locale di servizio un mucchietto di calcinacci. Nel rimuoverli spuntò da sotto un blocco in cocciopesto (tipico conglomerato di calce con piccoli frammenti di terracotta in uso in epoca romana) che ribaltato fu evidente un mosaico con tessere policrome.
Le curiose vicende di un reperto archeologico | Ricordi di Claudio Stefanelli
Lo collegai da subito alla “pievaccia” di Vaiano, avevo letto qualcosa; oltretutto poco tempo prima, insieme al compianto amico Giancarlo di Monsummano avevamo condotto alcune ricerche dove si pensava si trovassero i resti della villa romana e che da lì a poco quei luoghi sarebbero stati interessati da grandi lavori di costruzione dell’attuale golf.
Su quei resti romani si diceva fosse poi stata eretta la cosiddetta “chiesaccia” o “pievaccia” di origine quindi altomedievale andata in disuso nel XV secolo e che fra l’altro, proprio nei dintorni di questa, segnalammo la presenza di una tomba i cui resti umani erano affioranti.
A tale proposito il Pretore di Monsummano ci nominò temporaneamente “becchini” per cercare di recuperare quei poveri resti ed eventualmente fare ipotesi di datazione.
Passarono un pò di anni e intanto a Larciano prendeva vita un museo archeologico nel castello e gli addetti cercavano di recuperare le testimonianze riferite al proprio territorio compreso il nostro mosaico, tanto che al nostro Comune giunse dalla Soprintendenza Archeologica Toscana richiesta di trasferirlo a Larciano.
Feci notare però che in base alla Legge in vigore la richiesta di trasferimento poteva essere negata se si accertasse la presenza del mosaico nel palazzo Galeotti precedente al 1 giugno 1939, anno in cui viene emanata la prima legge volta a tutelare il patrimonio culturale e storico-artistico. La mia affermazione fu comprovata dal testo pubblicato sul “Bollettino di ricerche e di studi per la storia di Pescia e della Valdinievole” del 1931 (foto allegata del testo con precise indicazioni) che oltretutto specifica che il podere della “pievaccia” allora era proprietà della famiglia Galeotti.
Quindi il reperto era in casa Galeotti chissà da quando ed è pertanto giusto considerarlo di proprietà dell’Opera Pia Galeotti che giuridicamente è proprietaria dell’immobile e di alcuni beni mobili ivi conservati, anche se il nostro reperto non figura nell’elenco dei loro possedimenti. Il Museo Civico è ospitato nel Palazzo Galeotti di proprietà dell’Opera Pia omonima istituita fin dal 1879 ed alcuni anni fa fu inaugurata la nuova sede amministrativa annessa al palazzo con una mostra di reperti archeologici che nulla avevano a che fare con l’Opera Pia o con i Galeotti, tralasciando, invece, tutta una serie di documenti importantissimi riguardanti questa nobile famiglia pesciatina, compreso il “nostro” mosaico.