Archiviate ormai da più di un mese le esuberanti serate del Festival di Sanremo (archiviate ed ormai dimenticate oserei quasi quasi dire, visto che delle canzoni dell’Ariston, trionfatrici ed “esime” ben poco è rimasto se non qualche miserrimo e stanco ritornello da disco rotto), in questa ancor troppo timida domenica di Primavera rifletto un po’ su quel che SA- REMO, giocando come al solito con le parole in questi giorni in cui mi sveglio col primario pensiero delle insidie della Riforma Cartabia, ovvero la silenziosa ed epocale Riforma della Giustizia, ovvero un rebus di non poco conto per gli addetti ai lavori, ovvero…
Dunque, in questo sbandamento mentale, in mezzo a queste tormentate pagine della Settimana Enigmistica che mi propone dilemmi, sciarade e indovinelli di ogni tipo – dicevo – in questo totale disorientamento permeato da incertezze e da scossoni climatici (non è infatti una novità questo “Marzo Pazzo”), guardo e mi guardo in una prospettiva futura, cercando di essere realista, misurata, ponderata, sufficientemente non esagerata, esaminando accuratamente le mie carte con occhio clinico, vigile, sveglio e curioso su quel che sarà.
Mi accorgo ben presto di non possedere fra le mie cianfrusaglie la sfera di cristallo, quella che legge il futuro…e non ho neppure i tarocchi della fortuna per vedere veramente come SA- REMO, ma immaginare sì, immaginare posso, posso davvero.
Il dubbio subito mi assale: io che voglio sempre sporgermi in avanti, mi chiedo se ora come ora non sarebbe bene volgere anche se per un fugace momento lo sguardo anche un po’ indietro, non tanto per vedere ma per ricordare come eravamo, non per un senso di nostalgica nostalgia ma per non perdere nulla, per cristallizzare e fare tesoro o trarre perlomeno insegnamento da quello che è stato, nella buona e nella cattiva sorte.
Sì, il passato è un ingrediente imprescindibile di questo ricco piatto di emozioni, di occasioni, di progetti, di bicchieri almeno almeno mezzi pieni, di brindisi in prospettiva, dovendoci assolutamente e prossimamente imporre di pensare positivo per poter campare, ovvero per non morire.
Dicono che si muore come si è vissuti, frase forte questa qui, buona a lasciarti senza fiato se ti metti lì fermo con la mente a rimuginarci sopra.
E’ un po’ come La Storia siamo Noi….tutto vero, ci credo, questo fatto mi convince totalmente: mi sento allora la responsabilità addosso, caricata sulle spalle, per quel che sarò, per quel che SA- REMO.