Corrono i giorni, veloci, come gli anni, sempre di più e, inesorabile come una condanna, arriverà Natale.
Luci colorate saltellanti, di nuovo gente che cammina senza meta, di nuovo aria di festa. No, non c’è aria di festa.
Quel respirare frizzante, quell’attesa ansiosa di ciò che a breve sarà, quell’affrettarsi nel timore di non fare in tempo, non ci sono più.
Corrono i giorni, è tempo di regali, ancora, sempre di più, come non mai, è inevitabile è Natale ma non c’è aria di festa.
Corrono i giorni, per me sempre di più e voglio fare un regalo, non a tutti, solo a chi lo vuole e non mi costerà niente.
Regalo parole, parole, parole, anzi: pensieri, riflessioni e tanta amarezza.
“Non mi piace la finta allegria, non sopporto neanche le cene in compagnia”
A due passi da noi c’è la guerra, sembrava scomparsa, cacciata per sempre dal buonsenso degli uomini, invece morte e distruzione dietro l’angolo. Crollano le case, franano i monti, secoli di cura attenta e faticosa cancellati dall’ingordigia, morti e ancora morti per una gestione del territorio fatta da delinquenti.
Stare in compagnia l’abbiamo dimenticato, è pericoloso, ci si infetta e guardiamo il vicino come fosse un untore.
“E coi giovani sono intransigente, di certa morale, canzoni e trasgressioni non me ne frega niente”
Giovani: il futuro. Sono timbrati come la carta da bollo, culi e tette pieni di scarabocchi e figurine, usate come antichi francobolli. Insultano la miseria, quella vera, indossando pantaloni strappati e gonne con le toppe, mentre parlano grugnendo in una scatolina colorata. I cantanti, cantanti? Parlanti! Filastrocche incomprensibili, spesso volutamente offensive e oscene, rumori sgangherati e ossessivi a volume insopportabile, e la chiamano musica.
“E poi ci sono i gay che han tutte le ragioni ma io non riesco a tollerare le loro esibizioni”
Sono sempre esistiti ma han cambiato nome, sono americani si chiamano gay, chissà perché. Forse per sembrare diversi da quello che sono? Non era bello usare l’italiano. Gay vuol dire allegro, gioioso, che forse tutti gli altri sono tristi, angosciati? La loro potentissima lobby ha conquistato TV, giornali e molto altro e guai a criticarla.
“Non mi piace chi è troppo solidale e fa il professionista del sociale”
Siamo circondati dai professionisti del sociale, si sono inventati specializzazioni e mestieri basati sul nulla, abbiamo visto togliere bambini alle famiglie naturali, decidere della vita di persone basandosi sulle chiacchiere. Una rete avviluppa il paese fingendo di fare assistenza, si camuffa, si traveste, usa i bambini, gli ammalati, gli immigrati clandestini solo per arricchirsi. Un esercito di furbacchioni si trasforma in parassiti e vuol campare sulle spalle di chi faticosamente cerca di sbarcare il lunario.
“Ma chi specula su chi è malato, sui disabili, tossici ed anziani è un vero criminale. Ma non vedo nessuno che s’incazza fra tutti gli assuefatti della nuova razza. Ma forse sono io che faccio parte di una razza in estinzione”
Quasi tutti i giorni vecchi incapaci di difendersi depositati negli ospizi o bambini piccoli negli asili, sono malmenati, umiliati e offesi da chi dovrebbe proteggerli. Nessun controllo, si interviene sempre dopo, quando il danno è fatto, in nome della privacy, altra americanata per consentire di fare i comodacci propri a chi dovrebbe rispondere di continuo del proprio operato.
“La mia generazione ha visto le strade, le piazze gremite di gente appassionata, sicura di ridare un senso alla propria vita, ma ormai son tutte cose del secolo scorso, la mia generazione ha perso. … E la tecnologia ci porterà lontano, ma non c’è più nessuno che sappia l’italiano. C’è di buono che la scuola si aggiorna con urgenza e con tutti i nuovi quiz ci garantisce l’ignoranza”
Ci sarà pure un motivo se il livello d’istruzione è così basso, se le nostre università sono negli ultimi posti del mondo evoluto, se dobbiamo importare medici da Cuba e ingegneri dall’India. Del resto più il livello è basso, meglio si controlla il branco.
“Non mi piace nessuna ideologia, non faccio neanche il tifo per la democrazia, di gente che ha da dire ce n’è tanta, la qualità non è richiesta è il numero che conta. …La mia generazione ha visto migliaia di ragazzi pronti a tutto che stavano cercando, magari con un po’ di presunzione, di cambiare il mondo, possiamo raccontarlo ai figli senza alcun rimorso ma la mia generazione ha perso”
Presto le lucine colorate natalizie, il bagliore delle vetrine affogate nelle lampade a led, le nenie ripetute di continuo che nessuno avverte più cancelleranno tutto, anche quello che dovrei aggiungere.
Rimarranno di certo le frasi riportate tra virgolette, sono solo alcuni dei versi di quella splendida canzone di GIORGIO GABER, geniale artista dei miei tempi, intitolata La razza in estinzione e scritta ventidue anni fa, parte dell’album La mia generazione ha perso.