Il 3 luglio 2017 moriva Paolo Villaggio considerato uno dei più illustri attori del panorama artistico italiano.

Lunga, feconda e costellata di successi è stata la sua carriera che lo ha visto protagonista in numerosi film in ruoli teatrali e televisivi. Ci ha fatto ridere e ci ha indotto anche a riflettere. Nella sua personalità poliedrica, mista tra il serio e il faceto, mai è venuta meno quella sua cultura classica e umanistica. In definitiva, lo abbiamo percepito anche dai suoi articoli più volte presenti su insigni testate come l’Unità, L’Espresso, Paese Sera ecc…

Ad oltre quattro anni dalla scomparsa, la figlia, Elisabetta Villaggio, ha dato alle stampe un libro  intitolato “Fantozzi dietro le quinte. Oltre la maschera. La vita (vera) di Paolo Villaggio” (ed. Baldini + Castoldi).

D. Signora Villaggio, cosa celava sostanzialmente suo padre?
R. «Non celava niente perché era una persona abbastanza chiara. Quello che ho raccontato io è un po’ il mio punto di vista, prima con gli occhi di bambina che vede questo padre che svolge un lavoro normalissimo e poi raggiunge una grande popolarità, e poi con gli occhi di adolescente. In più ho raccolto una serie di testimonianze di persone che hanno lavorato con lui principalmente sui film di “Fantozzi”. Così ho ricostruito una specie di memoria storica delle scene più iconiche e complicate di varie persone che ho intervistato e che hanno lavorato ai “Fantozzi” sia dal punto di vista artistico, cioè gli attori, sia dal punto di vista tecnico e quindi chi ha composto le musiche, gli operatori, la sua controfigura. Questo ha consentito di tracciare un bel percorso su come sono andati i dieci film di Fantozzi».

D. Come le piace definire suo padre?
R. «Una persona decisamente libera, intelligente, molto curiosa e anche una persona ottimista che cercava sempre di essere felice, di guardare al meglio le cose e poi anche una persona che è riuscita nella sua vita a fare quello che veramente voleva fare».

D. Possiamo affermare che suo padre è stato un grande attore-comico?
R. «E’ stato un grande attore-comico, però è stato anche un attore drammatico. Ha fatto diversi film dove ha dimostrato la sua capacità di attore drammatico come quello nel film di Fellini, nel film “Camerieri”, nel film di Lina Wertmüller “Io speriamo che me la cavo”, poi nel film “Sistemo l’America e torno” di Nanni Loy».

D.  Ha interpretato numerosi film. In quali emerge chiaramente il suo talento artistico?
R. «Un po’ in tutti. Poi nella televisione e nei libri che ha scritto. Mio padre nasce come scrittore prima che come attore».

D. Come e quando nacque il celebre personaggio del ragionier Ugo Fantozzi?
R. «Inizialmente è nato ai primi degli anni Settanta con delle strisce sul giornale L’Europeo perché mio padre scriveva su questo giornale di Rizzoli. Lo stesso Rizzoli gli propose di riprendere questi scritti e di elaborarli un po’ e di farne un libro. Questo libro uscì nel 1971 intitolato “Fantozzi”».

D. Suo padre si è distinto pure nel mondo giornalistico e in quello politico. Ritiene che la nostra Italia avesse bisogno del suo contributo politico?
R. «Si è esposto in gruppi che si occupavano in lotte per diritti civili…».

D. Quanto è importante per lei essere figlia di Paolo Villaggio?
R. «Ho solo lui come padre… È stata una persona molto curiosa, stimolante. Sono stata molto fortunata e contenta di essere sua figlia».

D. In cosa assomiglia a suo padre?
R. «Anche io sono una persona ottimista che non si demoralizza e anche tenace e curiosa».

D. Quali valori vi trasmetteva?
R. «La correttezza intellettuale, l’essere persone per bene nel senso migliore del termine, ma anche di prendere tutto un po’ con leggerezza di non essere troppo seri o seriosi».

D. Come le piace ricordarlo?
R. «Con affetto. Con tanto affetto».