Gino Strada ci ha lasciati. Il cuore generoso e altruista del fondatore di Emergency ha terminato di battere il 13 agosto scorso.
Aveva 73 anni. Una vita la sua protesa a condannare e a debellare qualsiasi forma bellica, schierandosi, soprattutto, a favore dei diritti delle persone.
Tanto ha compiuto. Tanto si parlerà di lui e della sua opera filantropica che non conosceva limiti.
Il noto Piero Badaloni, celebre giornalista della RAI e più volte conduttore anche di importanti trasmissioni televisive, ricorda Gino Strada con parole sentite e adeguate alla grandezza di questo personaggio.
D. Gino Strada è stato il fondatore di una organizzazione a livello internazionale. Ma ha svolto attività in ambito nazionale?
R. «Dopo la laurea in medicina a Milano, Gino Strada si era specializzato negli Stati Uniti, nel campo del trapianto di cuore ma subito dopo si era indirizzato verso la chirurgia traumatologica e la cura delle vittime di guerra. Le idee dunque le aveva chiare fin dall’inizio. Emergency infatti è nata nel 1994 ma prima, dal 1988, con la moglie e un gruppo di amici, Gino aveva lavorato come volontario per la Croce Rossa Internazionale, in vari Paesi in difficoltà, come Bosnia, Etiopia, Pakistan».
D. La sua esperienza in quale contesto societario occorre collocarla?
R. «Insieme al lavoro sul campo, Gino ha svolto sempre una intensa attività di promozione dei valori di pace, solidarietà e rispetto dei diritti umani, in un contesto sociale dove regnava e regna ancora purtroppo molta indifferenza verso questi valori. Perciò è da considerare straordinario il risultato raggiunto da quando è nata Emergency: 11 milioni di persone curate in 18 paesi in cui la violenza e la guerra era di casa. Ultimo in ordine di tempo l’Afghanistan, dove Gino si è impegnato in modo particolare».
D. A quale sensibilità politica si indirizzava Gino Strada?
R. «Il senso di giustizia, la lucidità, il rigore e la capacità di visione: erano le cose che colpivano di più in lui.
Garantire cure mediche e chirurgiche gratuite e di alta qualità alle vittime della guerra, delle mine antiuomo e della povertà. Era questo il suo obiettivo politico.
Quando l’allora premier Conte gli propose di fare il commissario alla sanità in Calabria pose una sola condizione: non sono disposto a rappresentare un partito e nemmeno a fare un candidato di facciata. Andò a finire che non ebbe più l’incarico».
D. A parer suo, cosa ha significato per il nostro paese vantare un personaggio come Gino Strada?
R. «“Gino Strada ha trascorso la sua vita sempre dalla parte degli ultimi, operando con professionalità, coraggio e umanità nelle zone più difficili del mondo”: sono le parole con cui Draghi lo ha definito, commentando la sua morte. Credo che non ci sia modo più efficace per rendere l’idea di cosa ha rappresentato e continuerà a rappresentare per il nostro Paese e non solo, Gino Strada».
D. L’esperienza di Gino Strada è stata contrassegnata da tanti consensi e grandi stime. Non sono mancate critiche e dissensi. Quindi, secondo lei, i contenuti di questi obiezioni le considera tutt’oggi ingenerosi?
R. «Gino Strada è stato un grande medico e un grande uomo. Se proprio gli si vuole cercare un difetto, quello è stato la ruvidezza con cui difendeva le sue idee. Ma io non lo considero un difetto, anzi. Gino va giudicato con le lenti dell’umanità non con quelle miopi e spesso aride della politica».
D. Quale eredità lascia al mondo di oggi?
R. «Gino era il volto dell’altruismo, un uomo che riusciva a sentire il dolore senza voltarsi da un’altra parte. Quale eredità potrebbe essere migliore di questa? Sono le parole che mi hanno colpito di più fra le migliaia che ho letto sui social, di quanti hanno voluto lasciare un loro saluto a Gino Strada».
D. Dott. Badaloni, guardando a Gino Strada e alla sua straordinaria opera umanitaria come possiamo definirlo?
R. «L’uomo che ha cercato con tenacia e fermezza una linea alternativa allo scontro fra i popoli e al loro interno. La sua testimonianza lascerà una traccia indelebile».