La fama del calciatore Dante Bertoneri risale ai primi anni ’80. Memorabili furono numerose partite che lo videro protagonista con la maglia del Torino e dell’Avellino.
In questa nostra intervista, Bertoneri ci descrive alcuni tratti della sua vita.
D.Ci parli un po’ della sua carriera calcistica…
R.Iniziai a giocare nel Litorania che successivamente si fuse con la Muricciara di La Spezia. A 14 anni approdai nelle giovanili del Torino dove ebbi grandi allenatori e poi nella primavera granata allenata da Sergio Vatta. Gli anni nelle giovanili del Torino sono quelli pieni di bei ricordi e di grandi soddisfazioni. In quel tempo il settore giovanile del Torino e quello della Fiorentina erano i più ambiti d’Italia. L’esordio con la prima squadra in serie A avvenne all’età di 17 anni e mezzo il 18 gennaio 1981. Giocavamo contro l’Ascoli e scesi in campo a sostituire Vincenzo D’Amico.
D.Si giunse poi al campionato di calcio 1981/82…
R.Il campionato 1981/82 vide l’allenatore Massimo Giacomini alla guida del Torino e fu anche il campionato più bello che disputai. Iniziai nel ruolo di tornante e poi Giacomini mi spostò al posto di Giuseppe Dossena come centrocampista centrale col numero 10. Forse il ruolo di centrocampista più adatto a me perchè potevo svariare su tutti i fronti. Ero un giocatore a tutto campo. Giacomini, più degli altri allenatori, intuì il ruolo più adeguato a me. Ho Indossato le due grandi maglie del Torino: la maglia numero 7 prima e la maglia numero 10 dopo, che furono anche le maglie, rispettivamente, di Gigi Meroni e di Valentino Mazzola.
D.Come proseguì la sua carriera agonistica?
R.Il campionato 1982/83 fu l’anno dell’avvento degli stranieri, da uno passarono a due per ogni squadra. Al Torino giunse Eugenio Bersellini come allenatore e Luciano Moggi come direttore generale che puntarono su giocatori più d’esperienza e non tennero conto del campionato precedente nel quale risultai il miglior giocatore del Torino dell’annata come dichiarò la stampa. Il campionato 1982/83 fu un campionato abbastanza buono, giocai di meno perchè c’era l’argentino Patricio José Hernandez e il numero 7 fu assegnato a Fortunato Torrisi. Quindi, questi due giocatori mi chiusero un po’ la strada… Però quando giocavo risultavo sempre il migliore in campo. Ero rammaricato… Pensi, potevo giocare sia con il numero 7 che con il numero 10…
D.Al termine del campionato 1982/83 cosa accadde?
R.A fine campionato Moggi mi voleva cedere al Cesena in serie B. La presi come una grande delusione, ero considerato l’erede di Gigi Meroni o di Claudio Sala e scendere in serie B… Seppi da un mio amico calciatore, Paolo Beruatto, che mi chiedeva l’Avellino in serie A. A quel tempo non c’ erano procuratori come oggi. Così scesi in Irpinia. Probabilmente a Moggi non andò molto giù quel mio rifiuto al Cesena… Nell’Avellino giocai bene e la gente mi considerava molto. Ma a 21 anni non ragioniamo come oggi e rimasi molto deluso. A Torino stavo benissimo, la stampa torinese mi vedeva come un giocatore che poteva arrivare anche alla Nazionale e continuare a giocare nel Torino ancora per tanti anni. In fin dei conti, le pagelle sul mio conto apparse sui giornali confermavano il mio valore.
D.Dopo la militanza nell’Avellino?
R.Dopo la delusione nel Torino il calcio per me era diventato nauseante. Il trasferimento da Torino lo presi come un’ingiustizia che determinò un esaurimento che, infine, sfociò poi in una depressione… Giocaì nel Parma e, giocando sempre bene, e l’allenatore aveva la pretesa che giocassi perfino quando ero infortunato… Al termine del campionato passai al Perugia allenato da Massimo Giacomini che si ricordò di me. Disputai una bella annata. Peccato che non riuscimmo a salvarsi dalla retrocessione. Poi approdai nella Massese per chiudere definitivamente col calcio professionistico a 26 anni nella Rondinella. Comunque, la mia stagione calcistica ad alti livelli si chiuse a Torino quando giunsero Eugenio Bersellini e Luciano Moggi.
D.Oggi, se dovesse incontrare Moggi cosa si sentirebbe di dirgli?
R.Mi risulta che abbia dichiarato di aver compiuto un errore a cedermi… Sono una persona con un percorso di fede e non porto né odio e né rancore per nessuno ed è probabile che il progetto di Dio nei miei confronti era diverso. Forse se rimanevo nel mondo del calcio non potevo ritrovare la fede. Per me vale più la fede che essere stato un grande giocatore. Moggi ha sbagliato, ma ognuno con la propria testa ragiona come meglio crede. Il danno l’ho subito. Il Torino potrebbe rimediare facendomi raggiungere la pensione, ma fino ad oggi non l’ha fatto. Mi ha privato perfino della pensione sportiva… Dopo il danno anche la beffa… Per tanti anni ho chiesto di fare l’osservatore ma… .
D.Al termine della sua carriera calcistica chi ha avuto vicino?
R.Ho avuto la fede in Dio. Mi sono sentito “trasportato” verso Dio e verso sua Madre Maria SS.ma. Certe persone potevano darmi una mano ma non me l’ha data nessuno. Potevo essere inserito nel mondo calcistico come allenatore dei ragazzi o come osservatore… .
D.Come è proseguita la sua vita?
R.Per tanti anni ho fatto il podista conquistando numerosi trofei. Poi mi sono occupato anche di amministrazioni condominiali. Ho cercato in tutti questi anni di poter rientrare nel mondo del calcio ma non mi hanno dato la possibilità.
D.La Provvidenza non l’ha mai abbandonato…
R.No. Nel cammino di fede che ho fatto, bene o male, all’ultimo secondo è sempre emersa una mano amica ad aiutarmi. Anche tante persone di chiesa mi hanno tanto aiutato con parole buone a non ricadere nella depressione. Mi bastano il giusto per vivere e la dignità umana.
D.Bertoneri ha dei sogni?
R.Attraverso i social sono stato rivalutato e moltissime persone hanno conosciuto la mia storia. Ho sempre condotto una vita sana attraverso un’ alimentazione adeguata, non fumando e non facendo usi di alcolici. Mi piacerebbe ritornare nel Torino nelle vesti di osservatore per girare tutta l’Italia per reperire nuovi talenti calcistici. Vorrei tanto che questo sogno si avverasse…