In età medioevale la suddivisione di un territorio risponde principalmente ad aspetti di carattere fiscale oppure amministrativo; si divide un territorio in “quarti”, “sestieri”, “quinti”, etc., perché ritenuto maggiormente governabile e gestibile rispetto ad un’area più vasta.

 

Le numerose pergamene giunte fino a noi – dal secolo VIII fino al XIII in buona parte di origine lucchese – indicano con il termine “in loco Pisciæ” o simili altre espressioni sia i due torrenti omonimi sia l’area entro la quale essi scorrevano. Sarà sul finire del secolo XII che il termine “Piscia” significherà il centro abitato che si andava formando dall’unione del borgo e del castello di Bareglia – sul fianco destro del Pescia – con le case costruite intorno alla pieve di Santa Maria, l’attuale cattedrale, sul fianco sinistro.

 

Con l’espressione «de pleberio de Piscia» oppure «de pleberio Sancti Petri de Campo» – che indica già una certa forma di territorializzazione – non si vuol dire però che un Comune è nato, ma che sta per nascere. Nel secolo XIV diventano però via via più numerose le notizie inerenti alla suddivisione del territorio pesciatino: nel 1331 un documento riporta che Pescia è divisa in cinque zone: Pieve, Cappella, Ferraria, Monte e Capanne; otto anni dopo, quando Pescia e gran parte della Valdinievole entrarono nell’orbita fiorentina, è costituita da sei quinti; nel 1346 ecco un’altra suddivisione: Pieve, Castellare, Cappella, Ferraria, Monte, Capanne, Cerreto.

 

In seguito, si passò dai sette “quinti” ai quattro “quartieri”: Pieve e Castellare si unirono a formare il quartiere Santa Maria; Ferraia si chiamò Santo Stefano; Cerreto e Capanne formarono San Francesco; Cappella e Monte si chiamarono San Michele.

Intorno alle quattro chiese più importanti di Pescia – Santa Maria, Santo Stefano, San Francesco, San Michele – si erano dunque sviluppati i quattro quartieri di Pescia.