Genitori che parlano male delle maestre: effetti e controindicazioni
A chi ha figli sarà capitato molte volte di vederli tornare da scuola contrariati per un brutto voto o una punizione ritenuta ingiusta. In quei casi, se hanno voglia di raccontare, emergono quasi sempre le stesse considerazioni: quel voto così basso non me lo meritavo, al mio compagno che ha fatto un compito identico al mio il prof ha dato di più, sono stato punito io ma la colpa era di qualcun altro. Nella mia ormai ventennale esperienza di insegnante, che si somma a un’ancor più lunga esperienza di studente, mi è capitato di incontrare molti ottimi professori e qualche pessimo soggetto; di quelli che hanno proprio sbagliato mestiere, che nella scuola non avrebbero mai dovuto metter piede. Ritengo che sia una sfortuna incontrarne: qualche volta capita, e bisogna in tutti i modi limitarne i danni, che non consistono solo nel dare voti o punizioni immeritati, ma soprattutto nel far disamorare i ragazzi a una disciplina o allo studio.
Vengo da una famiglia dove relativamente alla scuola vigevano poche, semplici regole: la prima era che a scuola si studia, perché la scuola per i figli è come il lavoro per i genitori, un dovere da prendere sul serio. La seconda era riassumibile in una frase: l’insegnante ha sempre ragione. Perfino quando ha torto. Il che, attenzione, non assolveva sempre e comunque il cattivo maestro. Era il modo che avevano i miei di farmi capire l’importanza del rispetto, della persona prima ancora che dei ruoli. Esattamente come ci si deve alzare sull’autobus per far sedere una donna incinta, o aiutare una persona anziana che ha difficoltà a attraversare la strada, io ero tenuta a rispettare le decisioni e i giudizi dei miei professori, anche quando c’era il sentore che fossero ingiusti, senza mai mancar loro di rispetto (sarei incorsa nell’ira funesta di mia madre). Questo perché l’insegnante, per i miei genitori, era una figura di riferimento: quella che in un modo o nell’altro mi avrebbe aiutato a stare al mondo, oltre a trasmettermi saperi e conoscenze. Era un modo antico di considerare la Scuola, ma funzionava. Io voglio ancora molto bene ai miei insegnanti, anche a quelli più severi, e ne serbo un ricordo affettuoso. Ho imparato da loro e ho scelto di fare lo stesso mestiere più o meno quando avevo quindici anni.
Oggi le cose sono diverse. Spesso i genitori parlano in termini negativi degli insegnanti dei propri figli, e lo fanno perfino davanti a loro. Mettere in discussione il lavoro e la professionalità di una figura così importante nel loro percorso di crescita ha potenzialmente effetti devastanti. Quelli piccoli spesso iniziano a non voler andare più a scuola, o ci vanno malvolentieri. Se la mamma dice che la maestra è cattiva, la mamma ha per forza ragione, la maestra deve essere cattiva. Quelli grandi, spalleggiati dai genitori, diventano arroganti, rispondono male, non rispettano più la persona che hanno di fronte in classe, rendendo le lezioni invivibili. E causando sofferenze. Spesso si dimentica tuttavia che gli insegnanti, per lo meno la maggior parte di loro, sono professionisti che hanno messo la vita al servizio della Scuola; possono sbagliare nel giudicare, ma onestamente l’ho visto succedere poche volte. Perché in classe ci sono loro, e non i genitori che ascoltano a casa i racconti dei figli. A volte bisogna, semplicemente, smettere di considerare infallibili i figli e inetti coloro che si occupano della loro istruzione. La maggior parte delle volte sanno perfettamente quel che fanno. E dare un brutto voto o una punizione è la parte peggiore del loro lavoro.