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La voce di Paolo Barabani per il successo del “somarello” I intervista di Carlo Pellegrini

Il Festival di Sanremo regala canzoni che possiamo definire vere e proprie “perle” per i loro contenuti carichi di significato e per la loro originalità. Un motivo particolare che ancora oggi capita spesso di riascoltare alla radio e che sui social attira l’interesse di molte persone è la canzone “Hop hop Somarello” composta da Paolo Barabani, Enzo Ghinazzi e Gian Piero Reverberi. La sua versione richiama alla Passione di Gesù. Si classificò al sesto posto dell’edizione festivaliera del 1981. Fu interpretata da uno degli autori, Paolo Barabani, che in questa intervista ricorda anche quella bella composizione.

D. Può descriverci il percorso che l’ha condotta alla canzone Hop hop somarello nel 1981? Come nacque e come giunse al successo?
R. «Lo scopo iniziale è stato quello di lasciar parlare il testimone più attendibile e imparziale di quei tragici fatti in Gerusalemme nel 33 dopo Cristo. Chiaro e lineare il racconto di quel Somarello che trasportava sulla groppa il Redentore, e obiettivo, come gli animali sanno essere (a differenza degli Umani, nella nostra infinita complessità). Nei miei ricordi la canzone nasce in un pomeriggio piovoso del 1978 o ’79 da un cuore in cerca di quella Speranza che ancora non mi abbandona, nonostante neri segnali appaiano all’orizzonte».

D. Quale significato ebbe nella sua carriera di cantautore?
R. «Grande la mia sorpresa quando il M Reverberi mi chiamò al telefono (fisso) per dirmi che proprio quella canzone avrebbe partecipato al Festival di Sanremo. Quella canzone che ancora oggi è il mio “cavallo di battaglia”. (Mi viene da sorridere pensando alla mia “stalla” dove, oltre al Somarello, dormono le due mule alpine Speranza e Coraggio – CD Uno per Uno, Storie di Alpini- e dove scalpita il ricordo di Gilles Villeneuve con il grido che mai si spegnerà : “Corri Cavallino”)».

D. Come erano gli anni Ottanta?
R. «Non credo che gli anni ’80 siano stati così sublimi come si racconta oggi. Se partiamo dagli anni ’60 (caratterizzati più che altro dal boom economico del dopoguerra) la musica vive una storica rivoluzione e fiorisce come non mai fino alla decade dei ’70 per poi cominciare una sua complicata ( seppure anche fantastica, spesso) involuzione fino ai giorni nostri».

D. La sua notorietà non si deve soltanto a Hop hop somarello. Il suo nome figura quale autore di belle canzoni. Può parlarcene?
R. «Ho avuto la fortuna e il privilegio di lavorare con un artista di grande competenza e mestiere (Pupo) e sono momenti di una amicizia che ricordo con grande piacere. “Su di noi”, “Forse”, “Firenze Santa Maria Novella” fra i titoli che mi vedono anche come co-autore in quel periodo così significativo per me».

D. In cosa si distinguono soprattutto le sue canzoni? Ritiene che la cultura emiliana nella quale si è formato abbia influito nella sua composizione musicale e poetica?
R. «Da buon Emiliano e Romagnolo risponderò a questa domanda con la franchezza che ci contraddistingue: non ho mai pensato di essere il genio della lampada ma credo che le mie canzoni vogliano rappresentare quel non arrendersi ai cambi di mercato, agli autotune, alle interferenze di tanti “misteri” in quella cosa chiamata Musica».

D. Da vari anni vive in Brasile. A cosa si deve questo trasferimento?
R. «Ho abitato 15 anni in Brasile per gli impegni con la mia nuova famiglia e i miei figli».

D. Secondo lei, quali sono le diversità sostanziali delle canzoni dei suoi anni giovanili rispetto alle canzoni di oggi? Anche nelle sue canzoni possiamo riscontrare dei cambiamenti?
R. «Anche la mia musica si evolve, come l’anima. Hop hop Somarello è la mia canzone più conosciuta e credo continuerà ad esserlo. Molta acqua è passata sotto i ponti e nemmeno il Mondo riesce a governare i suoi cambiamenti. C’è ancora tanto da lavorare per mantenere viva la Speranza: facciamolo».