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Felice Garzilli, un difensore con il cuore e con la passione per la Cremonese intervista di Carlo Pellegrini

Felice Garzilli, Mario Montorfano, Marco Nicoletti, Claudio Bencina, Giancarlo Finardi, Michelangelo Rampulla… sono alcuni nomi di calciatori che hanno mirabilmente contribuito a mantenere e consolidare la Cremonese ai massimi livelli dai primi anni Ottanta a metà degli anni Novanta.
Il legame di Felice Garzilli con la Cremonese è stato positivo e profondo.
Questo difensore vanta la bellezza di 350 presenze con la maglia grigio rossa.  

D. Garzilli, quarant’anni anni fa, il 16 settembre 1984, in occasione della partita Sampdoria-Cremonese avvenne il suo esordio in serie A. Può raccontarci qualcosa?
R. «In quella partita esordii in serie A. Nella medesima partita esordì anche Gianluca Vialli, mio ex compagno, ma con la maglia della Sampdoria. Fu una partita particolare perchè, oltre a esordire nella massima serie, dovetti marcare proprio Luca (Vialli ndr). Giocammo bene. Perdemmo per 1 a 0 con l’unico tiro in porta che effettuò la Sampdoria su punizione di Souness. Ho un ricordo bello di quella partita del mio esordio in serie A: lo stadio “Marassi” di Genova e la meravigliosa giornata».

D. Come fu il “duello” con Vialli?
R. «Con Vialli eravamo stati compagni di squadra per vari anni nella Cremonese ed eravamo amici. In campo ognuno lottava per la sua squadra. Fu sempre un rapporto leale, come quando ci si incontrava nelle partite del giovedì. Nei primi anni Luca giocava nella squadra primavera ed io nella prima squadra della Cremonese. Eravamo soliti disputare una partitella il giovedì tra la prima squadra e la sua. Già allora intravedevamo in Vialli delle grandi capacità. Non mollava mai, lottava sempre ed era un ragazzo molto educato. Sapeva quello che voleva e sapeva come ottenerlo con il lavoro e con il sacrificio».

D. Garzilli, la sua carriera calcistica ebbe inizio nelle giovanili del Milan, vero?
R. «Sì. Iniziai nelle giovanili del Milan e vi rimasi per ben cinque anni. Poi iniziai a girare per l’Italia. Il primo anno lo trascorsi in Sardegna, militando nella Monteponi Iglesias. L’anno successivo passai al Teramo in serie C per tre stagioni consecutive e poi nella Cremonese con un intermezzo a Reggio Calabria, nella Reggina. Nella Cremonese ho disputato in totale dodici campionati».

D. Cosa ha significato indossare la maglia della Cremonese per ben dodici anni?
R. «Quando giunsi a Cremona arrivarono circa dodici-tredici giocatori nuovi. Con qualcuno di loro avevo già giocato nel Teramo e si creò un gruppo bellissimo di persone che si è mantenuto per diversi anni. Percorremmo la scalata dalla serie C alla serie A. La maglia della Cremonese ce la sentivamo veramente addosso e ce la sentiamo addosso tuttora». 

D. Ha mai pensato di indossare altre maglie durante i suoi dodici campionati disputati con la Cremonese?
R. «Una volta i calciatori erano di proprietà della società. Ricordo che al termine del campionato di serie A del 1984/85, sebbene fossimo retrocessi, avevo fatto molto bene. Il Como era rimasto in serie A ed era interessato ad acquistarmi. Ma la Cremonese decise di trattenermi. Non ho rimpianti, ma se fossi passato al Como avrei continuato a giocare in serie A; però sono stato bene a Cremona e infatti qui mi sono stabilito e tutt’oggi vivo».

D. Negli anni trascorsi con la Cremonese ha conquistato per tre volte la promozione in serie A. Quale di queste rimarrà nei suoi ricordi con particolare nostalgia?
R. «Quella che conquistammo con lo spareggio a Pescara contro la Reggina. Come sensazione fu la più bella e la più sentita. Fu una partita particolare perché la vincemmo ai rigori. Era il 25 giugno 1989. La promozione conseguita al termine del campionato 1983/84 con l’allenatore Emiliano Mondonico, “Mondo”, fu una bella la cavalcata e nell’ultima partita in casa contro il Palermo eravamo abbastanza sicuri. Le promozioni, al di là di tutto, sono tutte belle e portano sempre qualcosa dentro e che ti rimangono per tutta la vita».

D. Durante la sua lunga esperienza con la Cremonese, anni Ottanta e Novanta, la squadra ha disputato campionati di serie A e serie B con giocatori di alto livello. Alcuni di questi poi hanno militato anche in grandi club…
R. «In quegli anni sono passati dalla Cremonese grandi giocatori come Alviero Chiorri, l’argentino Gustavo Dezotti, che giocò con Maradona, lo stesso Gianluca Vialli, Anders Limpar, Juary…  Ne sono passati davvero tanti. Il bello di quegli anni era quello che nelle altre squadre c’erano dei fuoriclasse incredibili. Io ebbi la fortuna e il piacere di marcare anche giocatori come Maradona, Platini, Careca, Altobelli, Paolo Rossi, Bruno Giordano, Rummenigge, Boniek, Daniel Bertoni, Donadoni… E posso dire che me la sono cavata bene». 

D. Calciatori non certo facili da marcare…
R. «Quando giocavi contro Maradona ti dava da fare perchè era immenso. Il mio orgoglio è di averlo limitato e su questo sono molto, molto contento. Un altro giocatore che ti dava molto fastidio come intelligenza tattica era Michel Platini. Nonostante tu lo marcassi a uomo era talmente intelligente che andava a prendere la palla davanti al portiere Tacconi e quindi non potevi seguirlo. Poi lanciava la palla a cinquanta metri, scattava e tu dovevi corrergli dietro. Sia Maradona che Platini erano dei fuoriclasse. Nonostante che prendessero botte non si lamentavano mai. Erano di un’altra categoria non solo come giocatori ma anche come persone. A Maradona e Platini aggiungo anche il trio degli olandesi del Milan, Gullit, van Basten e Rijkaard che appartenevano ad un altro pianeta… Quando ci giocavi contro vedevi subito che erano di un’altra categoria». 

D. E, invece, Felice Garzilli a quale categoria di calciatori apparteneva?
R. «Ero un calciatore molto deciso e non avevo paura di niente. Ero un giocatore molto corretto, tanto è vero che non ho mai fatto male a nessuno. Non mollavo mai ed ero deciso. Potevo giocare contro Maradona e mi sentivo forte anche io. Se Maradona voleva superarmi doveva sudare sette camicie. Ma in campo c’era correttezza e lealtà». 

D. Cosa devono ricordare di lei i tifosi della Cremonese?
R. «La mia volontà di non mollare mai, di essere sempre tenace e di lottare su qualsiasi palla. Che poi erano la caratteristiche che avevamo un po’ tutti in quella Cremonese degli anni Ottanta e primi anni Novanta. Non partivamo mai battuti e in campo eravamo un gruppo vero nel senso della parola».

D. Non tutti come lei possono giungere a giocare in serie A e B. Quale allenatore ritiene di ringraziare?
R. «Tutti perché da ognuno di loro, sia io che i miei colleghi, abbiamo imparato qualcosa e c’era un confronto quotidiano: Emiliano Mondonico era il primo quando scendevamo in campo a dirmi: “Felice tu giocherai bene se la tua punta ti corre dietro”. Aveva questa mentalità che ti incuteva di partecipare e di andare avanti. Bruno Mazzia è stato l’allenatore che ci ha fatto passare dal gioco a uomo al gioco a zona nel giro di un anno, facendo poi delle cose bellissime. Tarcisio Burgnich era una persona squisita, il massimo. Era di una gentilezza e di una umiltà che ti faceva capire in campo quello che bisognava fare giorno per giorno. Da tutti gli allenatori ho sempre cercato di trarre il meglio».