Ormai nella società in cui viviamo, dallo sport, al lavoro, alla scuola, alle relazioni sociali e perfino in famiglia, il fallimento non è più contemplato. Una volta si usava dire “sbagliando si impara”, adesso lo sbaglio non è nemmeno preso in considerazione, figurarsi un risultato diverso dalla vittoria in una competizione. 

Alle Olimpiadi di Parigi 2024, la nuotatrice diciannovenne Benedetta Pilato, arrivata al quarto posto per un solo centesimo di secondo, ci ha dimostrato che il cammino e la crescita personale possono essere più significativi del traguardo finale e che la vittoria personale non corrisponde sempre all’essere primi. L’atleta è stata “sbeffeggiata” e criticata in diretta, da un’altra sportiva, appena dopo le sue parole di entusiasmo per il risultato raggiunto, proprio in virtù del fatto che nella nostra società è più scontato pensare che arrivare così vicini al podio e non riuscirci dovrebbe portare solo a delusione e senso di sconfitta, di fallimento. E quindi perchè gioire per un quarto posto? 

La soddisfazione personale, l’autoefficacia, il sapere di aver dato il massimo, di aver fatto meglio della volta precedente, di aver partecipato ad una gara che qualche anno prima poteva essere irraggiungibile. Tutto questo va oltre al raggiungimento di obiettivi prestabiliti. Per questo è importante apprezzare ogni nostro singolo sforzo, impegno, senza cadere nel mito dell’essere sempre vincenti, altrimenti il rischio è quello di sperimentare continuamente ansia, paure, timore di deludere gli altri, senso di inefficacia. 

Poter dire a se stessi e agli altri “va bene anche così, l’importante è esserci stati e aver fatto meglio delle volte precedenti” non significa rassegnarsi ma essere capaci di accettare serenamente una sconfitta, valorizzare al massimo l’impegno messo e cogliere l’insegnamento per poter far meglio la volta successiva. Sembra scontata come riflessione ma invece non lo è affatto. Non è allora questo l’atteggiamento del campione vero: colui che anche perdendo sa che potrà fare meglio e magari vincere la volta successiva.

Nella società odierna, orientata al successo, all’affermazione e al consenso pubblico, fallire in un determinato compito è un’esperienza molto umiliante, difficile da sopportare. Per questo motivo l’ansia di fallire è spesso troppo presente nelle persone e si accompagna a rabbia, delusione, vergogna, imbarazzo, umiliazione.

Quest’ultimo aspetto è particolarmente rilevante nell’educazione dei ragazzi: ci sono tanti genitori che non tollerano gli errori, le sconfitte alla partita di calcio, un’insufficienza a scuola. Il fallimento viene vissuto come una macchia indelebile scritta sul curriculum del figlio per tutta la sua vita. In un contesto del genere è facile allora vedere sempre più ragazzi alle prese con ansia scolastica, pressione al successo e paura di sbagliare. 

Come fare per valorizzare la nostra autoefficacia?

  • Ripensando alle proprie esperienze sia presenti che passate, a quelle in cui siamo riusciti a raggiungere i nostri obiettivi personali e a quali azioni abbiamo intrapreso per raggiungerli
  • Valorizzando sempre le esperienze passate che hanno prodotto risultati positivi per se stessi
  • Concentrandosi sempre su obiettivi futuri raggiungibili e ben definiti
  • Prendendo spunto da esperienze simili alle nostre utilizzandole come modello, imparando da esse strategie utili e funzionali per noi
  • Circondandosi di persone che tollerano anche gli insuccessi e gli errori, persone per cui il successo è un percorso costruito su alti e bassi, non di vittorie a tutti i costi e perfezione assoluta.

Tolleriamo il fallimento, prendiamolo come stimolo, come insegnamento, torniamo allo “sbagliando si impara” e a gioire del percorso fatto con il massimo impegno; educhiamo alla vita, non al successo. 

Francesca Bartolomei
Psicoterapeuta e Tutor DSA.

Riceve a:
Collodi, in via S. Martino, presso il Centro Agape
Massa Cozzile, Traversagna, via Calderaio, 4
francescabartolomeipsi@gmail.com
www.francescabartolomei.com
Instagram: psicologa.bartolomeifrancesca