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Vecchio Mercato dei Fiori, quale futuro? Il video, le foto | Alessandro Birindelli

 

Festeggiai il mio sesto compleanno in un appartamento appena acquistato dai miei genitori, nella zona del Vecchio Mercato dei Fiori, un quartiere nuovo di zecca.

A partire dagli anni ’20 del Novecento, infatti, i Sindaci e i Podestà succedutisi si erano impegnati per realizzarvi nuove abitazioni residenziali e popolari, per bitumare nuove strade e per favorire l’edilizia privata e delle cooperative. 

Gli edifici realizzati intorno a San Michele avevano occupato l’enorme superficie verde posta a sud di Borgo della Vittoria: era stato ridimensionato l’antico Orto delle Monache, era stato lottizzato il vicino Parco Piacentini ed erano stati resi edificabili i terreni di campagna, ma risolvere i severi problemi igienico-sanitari del quartiere delle Capanne appariva una priorità inderogabile per l’Amministrazione Comunale e per tutta la comunità pesciatina.

Nel nuovissimo quartiere si trovava anche “una struttura coperta da una grande tenda”, così appariva agli occhi di noi bambini. Ci sembrava moderna e al tempo stesso appropriata per i nostri divertimenti; pertanto, sapendo che al mattino era frequentata da orticoltori e floricoltori, decidemmo di andarci ogni qual volta avessimo avuto un pomeriggio libero, per giocare a calcio o a pallacanestro, pattinare, suonare la chitarra o correre in bicicletta.

Non sapevamo, allora, di commettere un sacrilegio, perché il Mercato dei Fiori altro non era che una costruzione avveniristica realizzata dopo un concorso nazionale bandito nel ’48, al quale avevano partecipato ben 7 qualificate équipe di architetti e ingegneri, noti a livello nazionale e non solo. Ignoravamo anche che il progetto aveva vinto numerosi premi e che i vincitori erano quei professionisti che avevano lavorato alla ricostruzione dei due ponti cittadini distrutti nel periodo bellico e che gli stessi tecnici avevano contribuito a redigere i progetti del nuovissimo Villaggio di Ricciano e del moderno Palazzo della Pretura. 

Non eravamo nemmeno a conoscenza che il terreno era stato ceduto dalla signora Maria Bartolozzi Cecchi a titolo gratuito al Comune e che i solerti operai della Ditta Minnetti di Pieve a Nievole vi avevano lavorato duramente dal ’50 al ’53, ponendo a repentaglio la propria incolumità su quelle alte impalcature e con i mezzi di protezione dell’epoca, tra cui spiccavano i cappellini ricavati da fogli di giornale. Se avessimo saputo tutto questo non ci saremmo mai entrati dentro, in segno di rispetto e di gratitudine.

I nostri genitori, negli anni, ci hanno spiegato tutto questo e così abbiamo capito cosa rappresentasse quell’opera, non solo per la floricoltura pesciatina, fino agli anni ’40 relegata sotto l’angusta pensilina di Piazza del Grano, ma anche e soprattutto per l’intera città, per il suo patrimonio artistico e per il suo futuro sviluppo.

Ai giorni nostri si parla di ridare vita a questa struttura, rimasta chiusa e inutilizzata per decenni, da poco tempo riqualificata. Vi è un vivace dibattito in città su come utilizzarla e su quali eventi proporre; intanto vi si sono tenute due serate con musica e buon cibo alle quali ha partecipato, con soddisfazione, molta gente.
Se, però, diamo un’occhiata ai progetti di quel concorso nazionale, ci rendiamo conto degli usi a cui potrebbe essere destinata tale struttura. Gli architetti e gli ingegneri, infatti, avevano pensato di utilizzarla, oltre che per la floricoltura, anche come spazio per la vita quotidiana della collettività pesciatina: un punto di ritrovo e svago per giovani e per anziani, un luogo dove tenere spettacoli teatrali e cinematografici oppure di danza; dove esporre quadri o far esibire un gruppo musicale. Per questi motivi i progettisti avevano già previsto la realizzazione di una pedana in legno e di un telo mobile nel lato ovest del Mercato, oltre che di una pensilina.

Anche noi, ragazzi del nuovo quartiere di San Michele, l’avevamo pensata così.
Quindi ben vengano le serate di musica e street food ma…non solo quelle.

Bisogna sempre ricordare che fare architettura significa costruire edifici per la gente, luoghi che diventano avamposti contro l’imbarbarimento, luoghi per stare assieme, luoghi di cultura, di arte e l’arte ha sempre acceso una piccola luce negli occhi di chi la frequenta”. Renzo Piano

P.S.: per approfondire la storia del Mercato e della città consiglio di leggere il libro “Mercati dei fiori a Pescia”, curato dall’architetto Claudia Massi (si può trovare in Biblioteca a Valchiusa) e di guardare su YouTube il video del 1954 “Il mercato dei fiori di Pescia, realizzato dall’Università degli Studi di Firenze.