Due | Fabrizio Mari

« Non avresti dovuto dirmelo ».

« Perché? O non eri te che dicevi sempre che dovevamo dirci tutto? »

« Sì, è vero. Ma non proprio tutto tutto ».

« Allora? Che ne diresti di sgranchirci un po’ le gambe? Così dimentichiamo tutto. Ti va? »

« No ».

« Ti va allora se ti bacio almeno sulla fronte? »

« Fischio! Vorrei che tu non mi toccassi mai più ».

« Accidenti, ti credevo diversa ».

« Diversa come? E da chi? »

« Lo sai da chi ».

« Pensavo tu avessi smesso di frequentarla ».

« Beh, no, ogni tanto ci scontriamo come le falene che sbattono sui lampioni accesi di notte. Ho però il terrore che non la riveda mai più. Ci vediamo solo quando il marito è fuori per lavoro. Poi c’è che ha cominciato a bere cose strane… ». 

« Ah, perché ora si è messa pure a bere? »

« Sì, va matta per la spremuta d’arancia. Muoio davvero! E la vuole col ghiaccio, pure, nemmeno fosse quella terribile roba che bevevi te…come si chiama?…ah! Lo spritz »

« Ah… »

« Anche ora non sopporto l’odore dell’arancia… Meglio le fragole. O le pesche noci. 

Mi ricordano il tuo didietro ».

« Quanto sei stupido! Però quando stavamo insieme bevevi lo spritz »

« Nemmeno ad Hemingway piaceva lo spritz. Non lo bevo più. Mi sa di Prima guerra mondiale e di trincee. E poi di Padova. Ti ricordi quando ti dissi della Cristiana, la psichiatra, bella come un albicocco in fiore? Che conobbi ad un convegno ad Assisi sulle presunte stimmate di padre Pio, ricordi? Che lei si alzò e con tutto il suo fiato dimostrò urlando come una figlia del diavolo che quel frate era un impostore e bugiardo, per non dire peggio. 

Il vescovo di Assisi manco poco svenne. Fu quella una giornata memorabile. 

Avrei dovuto sposarla solo per questa roba qui. 

La Cristiana si vedeva da lontano che era una psichiatra. 

Era talmente strana che la mattina stavo ancora lì a parlare con lei. Ad un certo punto mi persi nei discorsi, come mi capita spesso. E lei che si sfiorava con la mano destra il seno sinistro. Peccato che io l’abbia lasciata. Era pure piuttosto bella. E piena di curiosità. Ancora non mi posso però scordare quegli occhi metà verdi e metà azzurri… Comunque… non mi interessa parlare né dello spritz né di Padova e né della Cristiana. 

Non mi interessa parlare dei giorni andati. Pensavo di poter costruire insieme qualcosa io e te. Ora. Ma non ti riconosco più ».

« Ma sei serio? Ma cosa dici? Aspetto non so bene cosa, un figlio o una figlia da te, ti vedi con una sposata quando il marito non c’è ed io sono sola come un pesce rosso sperduto in una vasca immensa e mi chiedi di fare qualcosa insieme? Rimango scioccata ».

« Sono serio, invece. Lo faccio apposta essere fuori linea per vedere l’effetto che fa. 

Tu prova ad essere strano anche solo per un momento e vedrai le persone tutt’intorno che ti guardano come se fossi appena arrivato da Marte. Io lo faccio sempre. E non sai il divertimento! » 

« Sì, ma qui si parla del nostro futuro, sempre se vuoi che io usi la parola “nostro”. Quando ci siamo conosciuti ti divertivi in un altro modo. E non parlo della soffitta ».

« Beh, ero un bravo portiere, hai ragione. Ma ora basta, il pallone non fa più per me. Ma tifo sempre per l’Inter ».

« Lascia stare quella squadraccia… Dimmi… Ma io faccio per te? »

« Non ricominciamo per l’amor di dio con questa storia, ti prego… »

« Ho ripensato in questi mesi a noi. Ti ho pensato spesso durante queste notti. Ogni dannata sera, come dici te. Lo so che sto dicendo una cosa stupida, ma è la verità. Non mi sono mai addormentata senza aver prima pregato non so nemmeno io chi, perché chiunque fosse lassù o laggiù mi riavvicinasse a te oppure te a me. Sai quante volte ho pregato il diavolo che mi facesse il miracolo di poterti baciare di nuovo anche solo per un secondo? Credi che mi sia dimenticata di quando mi prendevi e mi portavi su in cima a quella pianta di ciliegio laggiù vicino alla chiesa? Accidenti che tempi e che baci…siamo stati memorabili, lascia che te lo dica… 

Fu da quel giorno che cominciai a pregare il diavolo, perché volevo che tu fossi mio ».

« O questa? Ma sei seria? Anche io penso spesso al diavolo, ma non come te, però la cosa mi dà da pensare, accidenti… »

« È proprio impossibile fare qualche volta semplicemente il proprio comodo, come sempre mi dicevi tu, senza renderne conto a nessuno? »

« Ma io ti ho amato! Ogni volta che ti abbracciavo io piangevo. Te non mi vedevi, ma io piangevo. »

« E pure io! Non ti ricordi di quella sera che strappai dall’orto di nonna una piantina di lavanda per fartela trovare alla fermata del tram che prendevi per andare a scuola? 

Tutti ne parlarono, ricordo che mi dicesti. 

Per fortuna ho lasciato la scuola presto, se no chissà che fine avrei fatto! »

« Mi fai piangere così. Accidenti a te! Ti odio! Sai colpire nei punti giusti quando serve. Sei sempre stata così. 

Stupida e delicata allo stesso tempo. Accidenti a te! Ma meno male che sei nata! Mi sei mancata, accidenti… non ho mai smesso di sognare il tuo volto…E pensa che mi pareva di averlo proprio lì a portata di mano…»

« Ora ti ricordi chi sono? Lo sai che aspetto un figlio da te… ».

« Non ricominciare con questa storia, per l’amor di dio! Ho perso il conto di quanti ne frequentavi quando stavamo insieme. Io ne ho conosciuti almeno quattro ».

« Come osi parlarmi così ? Non provi almeno un po’ di vergogna? »

« La vergogna ormai l’ho persa. Come te la dignità ».

« Mi fai schifo se continui a parlare così ».

« Credi davvero sia nostro chi porti dentro? »

« Mamma mia che espressione… Però ti dico di sì, sono sicurissima. Chi porto dentro è mio e tuo. È nostro ».

« Giuramelo ».

« Te lo giuro, stupido che non sei altro »

« Non mi chiamare stupido. Non sono stupido! »

« Ma sì che sei stupido! Te lo dicono tutti! »

« No! Me lo dicono solo le persone che mi vogliono bene. Pensa che mi dicono pure peggio! »

« Te lo ripeto. Il figlio è mio e tuo. È nostro. Se è maschio ci facciamo una bella spremuta di arance e se è femmina apriamo invece una bottiglia di Campari ».

« Perfetto. Allora spero sia un bel maschio ».

« Vedi che sei stupido? »