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Vacanze finite, si ricomincia con il “mal di scuola”. 4 studenti su 10 provano disagio fisico e mentale.

L’abbiamo sempre detto a mo’ di battuta: eppure sembra, da una ricerca condotta dal’Osservatorio Nazionale Adolescenza su un campione di 1700 ragazzi, che il “mal di scuola” esista davvero, e si manifesti soprattutto dopo un lungo periodo di vacanza, ad esempio dopo le feste di Natale, complice il freddo, le giornate corte e il buio pesto del mattino al suono della prima sveglia.

Cercherò di parlare di questo fenomeno restando seria, ma non è facile; non nego che l’insegnante che è in me prova una certa insofferenza nei confronti dell’argomento. Cosa sarebbe, prima di tutto, questo “mal di scuola”? Una generale situazione di malessere, che può manifestarsi come mancanza di energia, mal di testa e alterazioni del sonno.

Sono stati proposti dei questionari, in seno all’indagine dell’Osservatorio: 1 su 2 si è dichiarato “infelice” all’idea del rientro, 1 su 4 addirittura ”in agitazione”. L’84% ha accusato mal di stomaco, e in percentuale questi problemi hanno riguardato più le ragazze che i ragazzi.
Si sono scomodate anche le (ovvie) motivazioni fisiologiche per questo fenomeno: durante le vacanze si ha una diminuzione dello stress e un rallentamento dei ritmi di vita (a meno che, fortunati, non si parta per una frenetica settimana bianca o vacanza ai Caraibi), e questo fa sì che l’organismo si adatti a ritmi più lenti e rilassati del solito: tutto nella norma, insomma.

Le vacanze servono proprio a quello, di solito, a rilassare corpo e mente, a staccare dal lavoro e riposarsi. Chiaro che quando le vacanze finiscono ci colga una certa tristezza. Essere giù di morale, senza volerci cercare niente di strano e preoccupante, accade anche agli adulti che ritornano al lavoro dopo un periodo di ferie: solo che gli adulti salutano i colleghi, fanno qualche battuta o postano qualche vignetta su Facebook su quanto sia brutto che le vacanze siano finite e la cosa finisce lì, come dovrebbe essere per tutti. Invece, appena si parla di adolescenti, non so perché ma qualunque sentimento che possa deviare anche solo leggermente dalla normalità debba essere analizzatospiegatoetichettato.

Se un adolescente è triste va subito portato da uno specialista che ci spieghi i motivi di quella tristezza e ci offra immediatamente la cura. Ma è sempre la cosa giusta da fare o sono gli adulti che si preoccupano troppo? I ragazzi di oggi, questa è la mia sensazione, hanno perso alcune capacità importanti: quella di annoiarsi, per esempio. La noia deve essere combattuta come un nemico mortale, non devono esserci spazi vuoti nelle loro giornate, ogni momento vissuto senza niente da fare li getta nello sconforto.

Logico che nelle vacanze, dove può capitare di annoiarsi, succeda ancora di più. Un altro problema che sanno gestire poco? L’ansia. La scuola, con le sue tante richieste, può generare un’ansia che molti ragazzi non sanno gestire. Ma l’ansia, questo va detto chiaramente, può essere positiva, non è necessariamente qualcosa contro cui combattere: permette di essere concentrati sull’obiettivo, e quindi di portarlo a termine con successo. L’ansia dice agli altri, di noi, che teniamo a una cosa, sia essa un buon voto, la riuscita di un esame, il compiacimento di un professore o dei nostri genitori. Inquadrare positivamente l’ansia come il motore che ci spinge a fare bene, invece di vederla come il mostro che ci blocca, dipende da noi, ma dipende anche da come ci viene presentata. L’ansia, nella scuola come in qualsiasi lavoro, in una certa misura è necessaria; così come sono necessarie la noia e la fatica, perché non è tutto facile o tutto dovuto, nella vita.

Prima i ragazzi tornano a capire che lo studio comporta una certa dose di lavoro, di impegno, di noia, di fatica, prima impareranno come diventare adulti. E forse inizieranno a vedere persino il lato positivo del rientro a scuola dopo una vacanza senza sentirsi depressi: rivedere gli amici, condividere bei momenti, e soprattutto la cosa più bella di tutte. Imparare tante cose. Credetemi, è il miglior antidoto alla tristezza da rientro. Solo che si scopre sempre molti anni più tardi.

Stefania Berti