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Educare al consenso | Francesca Bartolomei

Alzi la mano chi in queste settimane di feste natalizie, ha pronunciato al proprio figlio o nipote la frase: “vai a dare un bacino per ringraziare del regalo…”.

Io da mamma, lo ammetto, alzo la mano, ma come psicoterapeuta mi sono messa anche riflettere sulle implicazioni di alcuni atteggiamenti a cui non prestiamo molta attenzione e che sono all’ordine del giorno, sui quali spesso ci nascondiamo dietro ad un “ma si è sempre fatto così e non ha mai fatto male a nessuno!”.

Spesso interpretiamo i “NO” dei bambini come capricci, ricerca di attenzioni e maleducazione e da genitori o nonni ci assale il senso di colpa e la vergogna ad un rifiuto di nostro figlio o nipote nei confronti della richiesta di un parente o di un conoscente che gli chiede un abbraccio o un bacino. Ci è implicito pensare che il bambino debba “dare quel bacino” per ringraziare un adulto anche a lui sconosciuto perchè così fa “bella figura” e appare educato e gentile.

Ma è importante che il bambino saluti e ringrazi, per educazione, non che manifesti affetto nel modo in cui vogliamo noi o le altre persone. 

Ed è proprio sul concetto di “consenso” che nasce la mia riflessione.

Il consenso è in tutti i gesti quotidiani, quello che ci manca è l’abitudine a riconoscerlo, semplicemente perché siamo cresciuti senza che vi si portasse attenzione. 

Ed è lì che sta la difficoltà; insegnare ai bambini il valore di qualcosa che noi in primis non riconosciamo. Insegnare il concetto di consenso ai bambini è importante perché darà loro gli strumenti per opporsi a situazioni che li faranno sentire a disagio ma anche a rispettare le altre persone, in particolare i limiti corporei degli altri. 

Infatti, il consenso riguarda due aspetti, la possibilità di dire no alle richieste di un’altra persona se questa ci mette a disagio, ma anche il corpo e i suoi confini. Il corpo, fin da quando nasciamo, è nostro e solo noi abbiamo diritti su esso. Questo corpo ha dei confini fisici ed emotivi e questi confini vanno rispettati. Proprio perché ogni persona può disporre come meglio crede del suo corpo, non possiamo sapere se una determinata azione farà sentire a proprio agio.  Per questo motivo è sempre importante chiedere il permesso e ricevere il consenso. 

Chiedere il permesso ad un bambino può sembrarci assurdo, ma in questo modo lo informiamo e lo prepariamo solo al fatto che l’altra persona farà qualcosa, se lui vorrà. Chiedere il permesso significa semplicemente dire: “ti rispetto e ho considerazione di te”.

Esprimersi con “Posso darti un bacio?”, “Va bene se ti prendo la mano?”, sono alcuni modi in cui possiamo chiedere al bambino se è d’accordo che facciamo una determinata azione. 

Ogni volta che, per esempio, la zia o la nonna o un amico di mamma e babbo insiste col bambino per avere un bacino o un abbraccio quando viene a trovarci a casa, invitiamoli gentilmente ad osservare che se il bambino dice “no”, probabilmente in quel momento non vuole farlo, magari dopo sì, ma questo suo rifiuto non è necessariamente sintomo di maleducazione se il cenno di saluto o il ringraziamento al regalo o al complimento lo ha espresso a parole. 

Potremmo essere un modello per il nostro bambino, perchè, non dimentichiamoci mai, i bambini ci osservano continuamente e sono sempre pronti a cogliere la discrepanza tra le nostre parole e ciò che facciamo abitualmente.

Possono sembrare riflessioni fini a se stesse che spesso si scontrano con convinzioni generaliste; spesso sento frasi del tipo “Il problema è che i bambini oggigiorno fanno quello che vogliono e non c’è più rispetto delle regole”.

Regole e limiti sono fondamentali; i bambini ne hanno bisogno. Ma è sbagliato pensare che i “ NO” dei bambini abbiano tutti lo stesso significato! Se un bambino si rifiuta di farsi cambiare il pannolino sporco, è necessario metterlo di fronte alla “regola” che abbiamo condiviso con lui, una regola chiara, semplice, coerente e non calata dall’alto senza motivo. 

Nel caso in cui il rifiuto sia emotivo come per la nostra o altrui richiesta di dare un bacio, la mano, l’abbraccio, allora rispondere con: “Ok, ti rispetto e non ci rimango male, magari adesso non ti va, lo capisco” , non vuol dire far fare loro come vogliono o viziare, ma rispettarli. 

In ultima analisi, proviamo a riflettere anche calando il tema del consenso all’interno dell’attuale vissuto sociale, con le notizie che sentiamo ai telegiornali. Educare al consenso significa educare al rispetto di sé e degli altri, al rispetto dei confini corporei, delle emozioni e delle relazioni. L’educazione al consenso dovrebbe partire sin dalla primissima infanzia. Si tratta infatti di un passaggio fondamentale per la crescita e che permette di diventare adulti consapevoli e responsabili.

Insegniamo fin da piccoli ai nostri bambini che i comportamenti scorretti non devono essere intesi come sintomo di interesse. Lo facciamo molto di più con le bambine, se ci facciamo caso, perché anche attraverso azioni come queste rispondiamo alla fissità dei ruoli di genere tradizionali: “ti vuole solo dare un bacino perchè le piaci”, sono parole pericolose, che in sostanza condonano atti di prevaricazione, anche fisica, con il pretesto dell’affetto.

L’educazione al consenso sarebbe perciò, a mio avviso, utile all’interno dell’educazione sessuale, svolta a scuola, proprio perchè parlare di consenso significa parlare di relazioni tra persone, di rispetto dei confini corporei e di rispetto delle emozioni nostre e altrui; l’educazione al consenso può diventare quindi un importantissimo strumento di prevenzione verso abusi e violenze di genere.

Francesca Bartolomei, psicologa e psicoterapeuta.

francescabartolomeipsi@gmail.com