Non potevamo concludere questo anno, particolarmente significativo per la nostra diocesi, senza rivolgere alcune domande al cerimoniere degli ultimi quattro vescovi, monsignor Amleto Spicciani.
In quanto canonico arcidiacono del Capitolo della cattedrale di Pescia e raffinato storico, monsignor Spicciani è considerato tra i più accreditati conoscitori della diocesi pesciatina.
D. Quale augurio rivolge al Vescovo eletto Fausto Tardelli per il 2024?
R. «Formulerei un augurio per lui e uno per noi. Per noi che il nuovo Vescovo non deluda le speranze, cioè che abbia un occhio di riguardo per chi è povero, umile e semplice e soprattutto perchè confermi la nostra fede.
Per lui un augurio di santità, perché trovi in Pescia una primavera del suo spirito nella fraterna unione dei cuori».
D. Cosa ne dice dell’abbinamento della nostra diocesi di Pescia con quella di Pistoia in persona episcopi?
R. «Rientra nel progetto della Curia romana di ridurre le diocesi italiane , il cui numero è ritenuto eccessivo. Si eliminano le diocesi più piccole inoltre, giudicandole meno efficienti e adeguate ai compiti del momento storico che si vive. È una mortificazione della storia, la fine di una identità. Ho visto crescere nella Chiesa e diffondersi il criterio dell’ efficienza, riflesso della nostra civiltà tecnologica. Ci vorrà tempo per un cambiamento di mentalità».
D. A suo avviso, cosa lascia alla storia diocesana l’episcopato del Vescovo Roberto Filippini?
R. «Ha portato in diocesi un soffio di signorilità evangelica ed evitando ogni atteggiamento autoritario ha promosso la reciproca comprensione. Ho ammirato la sua generosa disponibilità ad assumere e a sopportare con misericordia i limiti, i difetti e diciamo pure gli errori della nostra Chiesa pesciatina».