Home CARLO PELLEGRINI Minellono ricorda Toto Cutugno, “l’italiano” I intervista di Carlo Pellegrini

Minellono ricorda Toto Cutugno, “l’italiano” I intervista di Carlo Pellegrini

Da tempo le sue condizioni di salute non erano più buone. Anche in televisione non appariva più. Toto Cutugno se ne è andato il 22 agosto, un martedì pomeriggio avvolto nella calura estiva. Il 7 luglio scorso aveva compiuto 80 anni.
Difficile sintetizzare brevemente la ricca personalità del cantautore de “L’Italiano”, assai amato all’estero e celebre anche per aver firmato numerose canzoni di successo per tanti cantanti e cantautori italiani e non.
Molte sono le sue canzoni incise su milioni e milioni di dischi e tanti sono i suoi successi da essere considerati degli emblemi luminosi soprattutto degli anni Ottanta e Novanta.
Quindici furono anche le sue partecipazioni al Festival di Sanremo e sua fu la vittoria all’Eurovision Song Contest 1990.
Ai successi di Toto Cutugno ha contribuito notevolmente Cristiano Minellono, autore prolifico di canzoni memorabili diffuse negli angoli più impensabili del mondo e autore anche del testo de “L’Italiano”. 

D. Minellono, in questi giorni tanto si parla e tanto si dice di Toto Cutugno e della sua carriera artistica. Lei cosa dichiara?
R. «Dicono tutti che Toto era una persona scontrosa e permalosa. Non è vero. Era una persona normalissima e abbastanza timida.
I giornalisti del settore musicale, come al solito, lo accusavano di essere banale, nazional popolare, ecc., e a lui non andava bene e, quindi, si arrabbiava. Toto non era permaloso.
Toto non stava bene sin dalla metà dello scorso anno. Non voleva più parlare con nessuno, non rispondeva più al telefono. Era giù di morale e stava male fisicamente. Poi è peggiorato e, ultimamente, è stato ricoverato all’Ospedale San Raffaele di Milano dove è deceduto».

D. Quale fu l’occasione del vostro primo incontro?
R. «Ci incontrammo alle Edizioni Curci. Siamo alla fine del 1970».

D. Come si è sviluppata la sua collaborazione e quale è stato il massimo della sua espressione?
R. «Io e Toto abbiamo iniziato a lavorare insieme molto modestamente. Allora ero il paroliere emergente, quello giovane e in mezzo a tanti parolieri bravissimi come Giorgio Calabrese, Luciano Beretta, Giancarlo Bigazzi ecc. Con Toto c’è stato questo avvicinamento naturale e abbiamo iniziato a realizzare canzoni per cantanti minori. Avevo fatto un disco per Adriano Celentano e, portando Toto da lui l’ho convinto ad incidere un intero lp solo di canzoni scritte da me e da Toto».

D. La sua collaborazione quanto ha inciso nel successo di Toto Cutugno?
R. «Tantissimo. Toto era un bravo interprete, un eccellente compositore, ma la canzone “L’Italiano”, senza il mio testo, credo che perda più del 50% del suo valore. Queste sono parole di Toto. La stessa cosa mi disse per le canzoni “Soli” e “Il tempo se ne va”. Sono tutte canzoni che abbiamo scritto insieme e in cui il testo è determinante». 

D. La morte di Toto Cutugno ha consentito ancora una volta di ascoltare sui media L’Italiano. Questa canzone che possiamo definire un capolavoro, addirittura è stata tradotta in più lingue, vero?
R. «È vero Carlo. Molti se ne sono accorti con quarant’anni di ritardo. L’Italiano è un capolavoro non perché lo dico io e lo dicono in tutto il mondo. L’Italiano è un fenomeno incredibile e sembra impossibile. Nacque nel 1982».

D. Quali sono state le ragioni di una progressiva divaricazione nel vostro rapporto?
R. «Toto si presentò al Festival di Sanremo del 1984 e io non volli fare il testo della canzone “Serenata”; lui la fece fare a Vito Pallavicini e si classificò secondo. Nelle stessa edizione io vinsi il Festival con la canzone “Ci sarà” interpretata da Albano e Romina Power. Non fu, però, quella la causa. Toto stando vicino a me per tanti anni, tra sé ha detto: “Ho capito come si scrive il testo di una canzone”. E così ha iniziato a scrivere i testi delle sue canzoni da solo. Anche perché così non dividi i meriti con nessuno e guadagni più soldi».

D. Però l’amicizia e la stima si è sempre mantenuta…
R. «L’amicizia è sempre rimasta. Addirittura c’è una canzone, “Sei la metà della mia vita”, che abbiamo scritto insieme cinque anni fa circa e dovrebbe uscire postuma.
Credo che Toto dopo la fine del nostro sodalizio artistico si sia sentito un cantautore. Dalle sue canzoni si vede chiaramente che una parte di me l’aveva assimilata. In definitiva non ho mai nascosto niente della mia professione. Ho insegnato a fare il paroliere e a scrivere i testi a più autori, tra cui Adelio Cogliati. Toto, probabilmente, aveva capito il segreto di Minellono cogliendo temi popolari come “I figli”, “Le mamme”, “Gli Amori” ecc., ma con una potenza inferiore alla mia.
Anche negli ultimi anni ci sentivamo e ci facevamo gli auguri per Natale e il rapporto era quello tra due persone che avevano realizzato dei successi insieme e si volevano bene».

D. Come vuole ricordare Toto Cutugno?
R. «Mi piace ricordarlo come ci divertivamo nei bei tempi. In albergo dovevamo prendere le camere comunicanti perché aveva paura di dormire da solo. Lo ricordo come “un bambinone”, anche se nei suoi interessi era molto oculato, preciso e per niente approssimativo. Conserverò sempre il ricordo di un bell’amico».