Non dubitiamo che la canzone “Teorema” abbia contribuito molto alla sua celebrità. Un brano che possiamo definire una delle principali icone dei primi anni Ottanta.
Rimaniamo sorpresi quando il cantautore Marco Ferradini ci descrive alcuni aspetti della sua lunga carriera artistica distinguibile per uno stile puramente originale e innovativo.
Possiamo affermare senza ombra di dubbio che la musica e la passione per il canto appartengono al dna di questo cantautore, presente anche al Festival di Sanremo per due volte.

D. Ferradini, il suo talento musicale affiora nella sua vita ancora in tenera età. Quale importanza assume la musica nella sua esistenza?
R. «Totale. I miei genitori non mi hanno mai impedito di fare musica. Mia madre aveva una bellissima voce lirica e cantava sempre le romanze di Giacomo Puccini e mio padre suonava l’organo in chiesa. Entrambi mi hanno trasmesso l’idea che la musica fosse una cosa bella e che metteva tutti d’accordo per stare e convivere bene insieme. Sono cresciuto con questa idea della musica. Ho ereditato la voce di mia madre e, quindi, è stato naturale quando andavo a scuola, ancora ragazzino, di non pensare a diventare ingegnere o geometra. Pensavo, invece, solo a cantare e sono riuscito a fare quello che volevo».

D. Il suo vasto curriculum artistico evidenzia anche la collaborazione a canzoni di cartoni animati ben distinguibili dai cartoni animati di oggi. Può parlarcene brevemente?
R. «Ho fatto il vocalist, ovvero il corista per tantissimi anni in sala di incisione vivendo a Milano dove c’era tutta la produzione discografica italiana. Poi questa si è spostata anche a Roma. Però, un tempo, Milano era il centro. Ho fatto il vocalist per molti cantanti. Fra tanti lavori che si facevano c’erano pubblicità e le sigle dei cartoni animati. Ho avuto un’esperienza molto larga in cui mi è capitato anche il periodo divertente delle sigle dei cartoni animati e devo dire che ho cantato quasi in tutti. Ricordo Ufo Robot, Capitan Harlock, La principessa Sapphire, Daitarn 3, Tex Willer…
Diciamo che ho lavorato nella sala d’incisione, che il è stata il mio mondo fino a quando ho potuto; poi è iniziata la mia carriera da solista e cantautore».

D. Come nacque e come giunse al successo con la canzone “Teorema”?
R. «Le canzoni non sappiamo mai se giungono al successo, che richiede una serie di concomitanze. Prima di tutto bisogna avere qualcosa da scrivere. “Teorema” l’ho scritta insieme a Herbert Pagani, artista scomparso nel 1988, con cui avevo fatto i miei primi cinque brani che avevano avuto un grosso successo. Poi l’importante è di avere qualcosa da dire e cavalcare i tempi. Essere nei tempi giusti. In quell’epoca ci fu una esplosione di cantautori (siamo nel 1981 ndr), e c’era molta attenzione nei confronti della musica italiana e della musica del cantautore. Io sono capitato in mezzo a quel periodo lì. Sono andato alla mia casa discografica con la canzone e l’ho fatta ascoltare alle maestranze e abbiamo inciso il disco. Devi essere tu, all’inizio, ad avere un qualcosa di valido da proporre. Un tempo accadeva così. I cantautori di oggi mi sembrano che siano tutti uguali e tendono a copiarsi l’uno con l’altro e a non differenziarsi. La mia regola è questa: più diverso sei e più hai la possibilità di riuscire».

D. Alcuni suoi versi recitano: “Prendi una donna, trattala male. Lascia che ti aspetti per ore, non farti vivo e quando la chiami fallo come fosse un favore. Fa sentire che è poco importante, dosa bene amore e crudeltà. Cerca di essere un tenero amante, ma fuori dal letto nessuna pietà”. Quali rapporti mantiene, se li mantiene, con il mondo femminile?
R. «Teorema è una canzone d’amore che può essere cantata da un uomo o da una donna. Non cambiano assolutamente i rapporti. Sappiamo perfettamente che quando sei troppo amato da qualcuno lo dai per scontato. Quindi, non ti dai da fare per conquistarlo. Al contrario, invece, se sei innamorato di qualcuno e questo non ti presta attenzione sei tu che lo vai a cercare. In amor vince chi fugge diceva qualcuno. Chi è innamorato è più fragile. Teorema è una specie di abbecedario dei rapporti affettivi. Se vuoi avere successo con il tuo partner devi avere qualche piccola strategia e non darti troppo per scontato e alla base deve esserci sempre rispetto: se mi vuoi bene, ma devi conquistarmi ogni giorno. E deve essere una cosa reciproca».

D. Quel successo superò le aspettative?
R. «Non mi aspettavo assolutamente quel successo. Sapevo che era un brano molto bello, ben composto e che dice cose vere e molto oneste. Teorema è una canzone molto, molto onesta che non prende in giro nessuno e dice come siamo. Sono molto contento. Pensa Carlo, che questa canzone ha più di quarant’anni e il suo successo è ancora lì».

D. Corrisponde a verità, come si dice, che nella sua carriera sono stati determinanti due grandi personaggi: il produttore Alessandro Colombini e il cantautore Herbert Pagani?
R. «Certo. Tutte le pedine di un percorso sono importanti. Chi ha contribuito in un modo e chi ha contribuito in un altro. Se fai un disco devi avere qualcuno che lo promuove e, quindi, devi avere una casa discografica che ti aiuta. Diciamo che sono i tre poli: l’artista che sono io, l’amico Herbert Pagani cantautore che mi ha dato una mano a scrivere i testi e il produttore. Da soli è difficile riuscire. Insieme è più facile. Ognuno mette il suo per contribuire al successo». 

D. La collaborazione con grandi nomi della musica leggera italiana, Lucio Dalla, Bruno Lauzi, Riccardo Cocciante, Amedeo Minghi, Mina, Patty Pravo, Eros Ramazzotti, Toto Cutugno, Marcella Bella, Ivan Graziani, Luca Barbarossa, Franco Simone, Umberto Tozzi, le consentì un arricchimento artistico e professionale?
R. «Certo. Noi siamo delle “spugne”, aspiriamo e filtriamo tutto ciò che ci arriva dall’esterno. Dopodiché all’interno, dentro noi avviene un processo di qualche natura, che non sappiamo come agisce, ma fa venire fuori una cosa nuova dettata dalla nostra personalità. Siamo vulcani mai spenti in continua trasformazione. Questa è la cosa bella della vita. Ogni giorno impariamo qualcosa che ci modifica. Sta a noi fare tesoro di quello che apprendiamo». 

D. In merito alla sua carriera, cosa evidenzierebbe oggi degli epici anni Ottanta?
R. «Gli anni Ottanta sono stati bellissimi perché tutta la gente usciva fuori da un periodo un po’ scuro dove la politica e la violenza la facevano da padrone e, finalmente, i ragazzi giovani ritornavano a ballare. C’era la volontà di solarità, divertimento, un pochino di leggerezza e di riprendersi la vita. Sono molto legato agli anni Ottanta anche per questa ragione: ho avuto successo allora, ho scritto le più belle canzoni del periodo, ho conosciuto mia moglie ed è nata mia figlia Marta».

D. È autore di molte canzoni particolarmente ricche di significato. Tra queste quali ritiene di poter richiamare?
R. «Ce ne sono tante… Dell’ultimo album “L’uva e il vino” vi potrei fare ascoltare “Le parole”, “La 500 e l’astronave”, “Lupo solitario” a cui sono molto legato e che racconta la mia esperienza nei concerti e nei viaggi. Sono un lupo solitario di animo e sono sempre in viaggio a portare musica di qua e di là. Poi “Acqua” che è una canzone bellissima. Inoltre, è in procinto di uscire un album con sei canzoni di mia figlia Marta dal titolo “Marta rossa”».  

D. Secondo lei, la musica rende felici?
R. «La musica contribuisce molto alla felicità. La gente che canta è solare. La gente che canta fa un massaggio al proprio cuore e alla propria anima. Non dimentichiamo mai che bisogna cantare per essere contenti».