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The Rokes: un successo che non… se ne va I intervista di Carlo Pellegrini

The Rokes furono un gruppo musicale inglese che giunse in Italia nel primo triennio degli anni Sessanta.
Nel nostro paese ben presto conobbero il successo con canzoni memorabili e il loro repertorio raggiunse una certa notorietà con risultati assai lusinghieri.
The Rokes non ebbero quella durata che forse si aspettavano i loro fans. Nell’estate dell’inizio del decennio successivo terminarono le loro esibizioni.
Robert Posner detto “Bobby”, voce e basso del gruppo, dopo oltre cinquant’anni ce ne parla un po’.

D. Maestro Posner, come nacque l’esperienza del gruppo The Rokes?
R. «Bisogna ricordare che prima stavamo in Inghilterra e ci esibivamo un pò dappertutto. Poi siamo andati in Germania per diversi mesi e abbiamo ricevuto un telegramma (oggi non esistono più) col quale ci si chiedeva se potevamo fare quattro settimane di tournée in Italia. Siamo arrivati in Italia il 12 maggio 1963. A Roma e ci ha visto Teddy Reno, che in tournée ci fece accompagnare Rita Pavone. Nel frattempo la RCA, che era la casa discografica di Rita, volle farci fare un disco. Ci chiesero un nome e noi pensammo a Rokes. Così nacque il nome».

D. Cosa può dirci di questo gruppo presente dal 1960 al 1970?
«Il gruppo fu attivo dal 1961 fino al 1970. Per fortuna con le nostre immagini di capelloni e facendo canzoni abbiamo avuto successo col pubblico. La RCA spese un sacco di soldi per pubblicizzarci e così giungemmo ai primi posti delle classifiche. Giravamo dappertutto con successo, ci siamo divertiti e spero che anche gli italiani si siano divertiti ascoltandoci».

D. Quali furono i vostri successi principali?
R. «“Che colpa abbiamo noi”. Abbiamo avuto un sacco di successo con questa canzone. Poi “Un’ anima pura” e poi c’è “Una strana espressione nei tuoi occhi”, “E la pioggia che va”… Successi che ci hanno fatto guadagnare un sacco di soldi; peccato che l’abbiamo spesi tutti…». 

D. Per tre anni consecutivi, 1967, 1968, 1969, avete partecipato al Festival di Sanremo. Quale importanza rivestono queste tre partecipazioni alla kermesse sanremese?
R. «Nel 1967 partecipammo con la canzone “Bisogna saper perdere” ed eravamo in coppia con Lucio Dalla. La RCA riteneva una formula vincente mettere uno sconosciuto insieme ad artisti conosciutissimi come eravamo noi. Lucio a quel tempo nessuno lo conosceva. Infatti, abbiamo venduto tutte noi le copie del disco.
Vendere un disco è un conto, ma la partecipazione e i successi conseguiti a Sanremo ci hanno fatto lavorare diversi giornate della settimana ed era la cosa che volevamo. Poi, nel 1968, abbiamo partecipato con la canzone “Le opere di Bartolomeo”, ma non era adeguata a noi; la nostra casa discografica insistette molto perché partecipassimo. Eravamo abbinati ai The Cowsills. Nel 1969, invece, con “Ma che freddo fa” fummo in coppia con Nada».

D. Cosa rendevano distinguibili i The Rokes dagli altri gruppi italiani?
R. «I rokes cantavano in italiano e suonavano diversamente dagli altri gruppi. Quando siamo arrivati in Italia tutti i cantanti erano accompagnati da musicisti. Tanti di questi musicisti hanno visto che un gruppo, non avendo bisogno di un cantante davanti, poteva benissimo anche cantare e così si sono formati i complessi italiani. Noi avevamo un vantaggio, ovvero un certo swing che loro non avevano ancora, però l’hanno sviluppato dopo».

D. Possiamo conoscere le ragioni e le cause del declino e dello scioglimento de The Rokes?
R. «Il nostro cachet era molto alto; lavoravamo di meno ma non ogni sera per settimana ed era comunque abbastanza. Shel (Norman David Shapiro) e Mike Shepstone avevano pensato di fare un duo, ma non è successo. Insomma volevano sciogliere i The Rokes. Io e Johnny Charlton non eravamo sufficienti. Così fu la fine dei The Rokes. Era l’agosto 1970, però, sono tornato in Inghilterra nel 1974». 

D. Terminata l’esperienza con i The Rokes ha continuato la sua attività di musicista. Che valore ha la musica nella sua vita?
R. «La musica per un musicista è tutto. Sono tornato in Inghilterra e ho preso un pub. Poi ho avuto altri pub. Non ho più suonato perché non non ho avuto il tempo. Un giorno, essendo sempre rimasto musicista nel cuore, ho ripreso a suonare. Carlo, quando uno è musicista lo resta per sempre».

D. Maestro Posner, nel 2013 ritorna a vivere in Italia fondando con altri musicisti il gruppo “The Rokes M&M”. Può parlarcene di questa scelta?
R. «Io e Mike Shepstone ogni tanto ci chiamavano per esibirci in qualche serata. Nel 2000 abbiamo fatto una tournée accompagnati da musicisti ed è durata sei mesi. Poi siamo tornati in Inghilterra. Nel 2013 sono tornato in Italia. Ogni tanto abbiamo tenuto anche concerti con Mike e ci siamo divertiti molto. Purtroppo è giunto poi il Covid e si è fermato tutto. Continuo a fare delle serate, ma non come un tempo e mi esibisco molto volentieri con sei-dieci canzoni».

D. Quali delle vostre canzoni suggerisce di ascoltare?
R. «“La pioggia che va” è la mia preferita ed è stata interpretata anche da altri artisti come Renato Zero e i Pooh. Poi “Ascolta nel vento”, “Lascia l’ultimo ballo per me”, “Eccola di nuovo”, “Bisogna saper perdere”.
Vi lascio ascoltare queste canzoni sperando di suscitare in voi lettori bellissimi ricordi.».