Negli anni passati soprattutto erano abbastanza numerosi i calciatori che trascorrevano l’intera carriera nella stessa squadra, divenendo veri e propri idoli per i tifosi e cittadini illustri delle città dove giocavano. Oggi, con i cambiamenti epocali che investono il calcio di questi ultimi venti anni, di atleti di questa natura ne incontriamo sempre meno.
Tra i giocatori-simboli e fedeli alla maglia, per esempio, figura l’attaccante del Cagliari Luigi Piras, meglio conosciuto come Gigi Piras, per più anni anche capitano della squadra sarda.
D. Piras, cosa l’ha spinta a indossare sempre la maglia del Cagliari durante i suoi anni calcistici da professionista?
R. «Non è che sia stata una spinta. Sono nato a Selargius, a cinque km da Cagliari, e ho iniziato a giocare a calcio da ragazzo giocando nella squadra del mio paese. A sedici anni sono passato al Cagliari e poi è iniziata la mia carriera di professionista giocando sempre nel Cagliari per diciassette anni consecutivi».
D. Ha mai pensato di lasciare questa squadra e questa città? Eppure le proposte non le mancarono…
R. «Le proposte ci sono state, ma forse sono capitate nel periodo sbagliato; potevo andare alla Roma o al Napoli perché, in verità, al Napoli mi avevano già ceduto, ma io ho rifiutato per questioni familiari e non potevo spostarmi da Cagliari».
D. Esordisce in serie A il 28 aprile 1974 segnando il goal della vittoria della partita Cagliari – Fiorentina, vero?
R. «Sì. Ricordo che si fece male Nené durante il primo tempo. In quell’anno erano già dodici volte circa che sedevo in panchina e non ero mai entrato. In panchina insieme a me c’erano Renato Copparoni e Riccardo Dessì, altri due sardi. Ad un certo punto l’allenatore Chiappella mi disse: “Preparati Piras”. Pensavo che entrasse Dessì perché ormai ero abituato a non entrare ed invece esordii terminando il primo tempo. Nel secondo tempo, a sei minuti dalla fine, Brugnera tirò un calcio d’angolo, tre-quattro giocatori della Fiorentina andarono su Gigi Riva e mi lasciarono un po’ solo, la palla cadde lì, un rimpallo e io con un rapidissimo calcio feci goal. Da lì iniziò la mia carriera sportiva, giocando con Gigi Riva, Gori, Albertosi, Brugnera, Niccolai, Tomasini che erano i protagonisti dello scudetto del Cagliari».
D. Milita nel Cagliari negli anni in cui il calcio italiano vantava alcuni giocatori tra i più forti d’Europa, non le sembra?
R. «Ho giocato, come ripeto, con i calciatori dello scudetto del Cagliari e ho fatto un ritiro a diciassette anni insieme, tra l’altro, a giocatori come Domenghini, Nene, Gigi Riva, Gori, Maraschi, Albertosi…»
D. Lei ha giocato partite in cui ha incontrato calciatori come Platini, Falcão, Maradona…
R. «Sono stati giocatori simbolo di quel periodo. Allora i migliori giocatori del mondo venivano a giocare in Italia. Falcão, Dirceu, Passarella, Platini, Boniek, Cerezo, Maradona… Era uno spettacolo e giocando contro questi grandi calciatori fu una bella soddisfazione. Ho giocato anche con Uribe, peruviano, e anche lui era un grande giocatore».
D. Con la maglia ha segnato un totale di 104 reti in 376 partite che costituiscono un record importante. Alcuni dei suoi goal sono passati alla storia della squadra cagliaritana perché hanno deciso incontri importanti come quello con la Juventus il 6 maggio 1987…
R. «Quel goal alla Juventus della sera del 6 maggio 1987 sono molto orgoglioso di averlo realizzato, perché quella rete salvò il Cagliari dal fallimento. Con l’incasso di quella partita la società sarda riuscì a pagare tutti i debiti e a ritirare tutti i libri che erano già in tribunale. Poi ricordo una doppietta che realizzai a Milano all’Inter. Vincemmo 3 a 1 ed era il 14 febbraio 1982. In quella domenica “esordirono” i tabelloni luminosi. In famiglia avevo il babbo, nonno e gli zii interisti e un mio zio ricordo che mi disse: “Potevi aspettare due partire a fare quei due gol, che poi giocavi contro la Juventus!”. Gli risposi: “Guarda zio che c’erano i tabelloni luminosi e con i miei goal ci ho fatto scrivere ben due volte Piras e l’ho fatto per te…”».
D. La sua esperienza con il Cagliari si concluse al termine del campionato 1986/87.
R. «Non avrei voluto chiuderla. Però, ad un certo punto, ti mettono nelle condizioni di dire no. Ho sofferto, però ormai sono passati tanti anni…».
D. Oggi sono sempre in calo i calciatori che trascorrono una intera carriera nella medesima squadra come lei. Come lo spiega?
R. «Oggi è cambiato tutto. Oggi si cambia squadra perché ti pagano di più e se hai un buon ingaggio non ci vai? Oggi è tutto diverso…».
D. Cosa aveva di diverso il suo Cagliari rispetto alla formazione di oggi?
R. «Il Cagliari di quando ci giocavo io, a parte che eravamo sedici giocatori e oggi sono quaranta, era composto da calciatori che hanno amato la maglia del Cagliari. Anche chi se ne era andato come Roberto Corti, Alberto Marchetti, Francesco Casagrande ancora oggi sono sempre affezionati a questa maglia, mi scrivono e soffrono se il Cagliari non va bene. Eravamo una famiglia».