Tra qualche giorno si celebrerà il centesimo anniversario della nascita di don Lorenzo Milani, priore di Barbiana. Non potevamo non conoscere le riflessioni di un personaggio come Beppe Dati la cui notorietà non si limita soltanto alla “sua” Firenze, ma a più parti del mondo.
Ricordiamo che Dati è autore di un repertorio musicale di molte canzoni, alcune di grande successo e interpretate da cantanti e cantautori di fama internazionale. Ma non solo: il suo repertorio presenta alcune opere mirabili come “Il mio Gesù” e “Via Crucis”.
D. Dati, alla luce dell’esperienza della Chiesa di papa Francesco, come valuta la vicenda di don Lorenzo Milani a cento anni dalla sua nascita?
R. «Caro Carlo, devo essere chiaro che non sono un esperto di Chiesologia e né sono un intellettuale. Dunque posso parlarti di don Milani attraverso la mia piccola esperienza fatta soprattutto con il cuore e attraverso le letture, soprattutto di “Lettera ad una professoressa” ed anche dalla testimonianza di padre Ernesto Balducci. Come non potevo appassionarmi a quest’uomo, a questo prete che ha fatto scuola a dei ragazzi poveri e considerati scarti per la scuola di allora. Anche io venni bocciato in prima commerciale e a dodici anni mi ritrovai a lavorare. Dunque “Lettera ad una professoressa” mi entusiasmò. L’ho letto più volte e ho vissuto leggendolo una sorta di rivincita, qualcuno si era alzato in piedi e aveva difeso anche me. Don Lorenzo, infatti, scriveva: “Perché non c’è nulla che sia ingiusto quanto far le parti uguali fra disuguali”.
Dunque ho accolto con grande gioia l’iniziativa di Papa Francesco di andare sulla tomba di don Lorenzo Milani a chiedere scusa per tutto quello che la chiesa secolarizzata gli aveva fatto passare.
Nel 1983 regalai gli scritti di don Lorenzo Milani a mio babbo Leonello, che ha fatto il facchino d’albergo per tutta la vita, e ricordo la mia dedica: a mio babbo per il senso di giustizia, onestà e coraggio che gli riconosco.
Ricordo che anche Walter Veltroni preso in prestito il famoso motto americano “I care” adottato dalla scuola di Barbiana che tradotto nel miglior modo significa “mi sta a cuore” il contrario esatto del motto fascista “me ne frego”».
D. Diversi anni fa lei visse uno dei momenti più importanti della sua vita: ebbe il piacere di essere a cena con padre Ernesto Balducci. Se, invece, fosse stato con don Lorenzo Milani, di cosa avrebbe voluto parlare?
R. «Non so, probabilmente avrei ascoltato, mi sarei fatto avanti e avrei taciuto intimidito da tale maestro. La verità è che uomini come padre Balducci e don Lorenzo Milani sono talmente avanti e noi ancora non li abbiamo raggiunti. È il destino di questi grandi uomini come non ricordare anche San Francesco come non ricordare Gesù di Nazareth, ma tornando alla famosa “Lettera ad una professoressa” vorrei ricordarne l’incipit: “Cara signora, lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti. Io invece ho ripensato spesso a lei, ai suoi colleghi, a quell’ istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che respingete. Ci respingete nei campi e nelle fabbriche e ci dimenticate. Bocciare è come sparare in un cespuglio. Forse era un ragazzo, forse una lepre. Si vedrà a comodo”».
D. Lei ha scritto due canzoni ispirate alla vita e all’opera straordinaria di padre Ernesto Balducci: “Le persone inutili” interpretata da Paolo Vallesi e “Dio non c’è” interpretata, invece, da Marco Masini. Ha mai pensato di comporre una canzone su don Milani? E come le piacerebbe cantarlo?
R. «No non ho mai pensato di scrivere una canzone su don Milani. Ne ho fatte tante su personaggi storici o letterari che sono rimaste nel cassetto perché il problema è poi chi te la canta?
Nel caso di Masini “Dio non c’è” fu possibile perché all’epoca c’era Giancarlo Bigazzi, che era il produttore, e dunque fu lui a decidere che Marco doveva cantare questa canzone.
Ho scritto anche una canzone intitolata “L’ultima canzone” dove Mia Martini ci parla da un altrove nemmeno immaginabile, eppure nessuna artista femminile ha mai voluto cantarla, proprio in questi giorni l’ho regalata ad una persona che la merita e che la canta con grande cuore: Marilena Catapano.
Perciò il mondo è distratto e così lontano dalla realtà dell’anima e non credo che se la scrivessi troverei un interprete disponibile a dargli voce».
D. Dati, spesso ricorda padre Ernesto Balducci. Ha qualche iniziativa in programma?
R. «Sono a malapena un autore di canzoni e riesco già con difficoltà a fare spettacoli che riguardano argomenti importanti, profondi, ne ho uno dal titolo “A cosa pensano gli angeli” dove a parlare sono 12 disabili mentali. Ne ho anche uno su padre Ernesto Balducci ma non c’è stato modo di rappresentarlo: l’ho proposto al comune di Firenze, l’ho proposto anche alla fondazione Balducci e ho parlato anche col sindaco di Santa Fiora, ma nessuno mi ha dato lo spazio e la fiducia di lasciarmi ricordare e onorare padre Balducci.
Firenze è questa amara città, Dante lo sapeva bene. “Il mondo passa da Firenze solo per prendere un caffè e nell’imbecille indifferenza si dimenticano le persone come Lorenzo e Ernesto”».