Home CARLO PELLEGRINI Luciano Bodini, il “dodicesimo” giocatore in campo I intervista di Carlo Pellegrini

Luciano Bodini, il “dodicesimo” giocatore in campo I intervista di Carlo Pellegrini

Una carriera di grande rispetto e considerazione quella del portiere Luciano Bodini.
Cresce nell’Atalanta, ma il suo nome rimane impresso negli annali storici del calcio italiano per aver indossato soprattutto la maglia numero 12 della Juventus quale sostituto di Dino Zoff prima e Stefano Tacconi dopo, in un decennio meraviglioso e ricco di successi.

D. Bodini, i canali social lo definiscono il «12º per eccellenza» del calcio italiano. Cosa ci dice in merito?
R. «Merito è della Juventus. Mi sono sempre allenato e ho fatto il mio dovere. Mi sono trovato molto bene nella Juventus dove c’erano anche numerosi calciatori della Nazionale italiana».

D. La sua formazione avvenne nell’Atalanta per poi passare alla Cremonese e di nuovo all’Atalanta titolare. Cosa ricorda del suo esordio in serie A nella partita Atalanta – Perugia dell’11 settembre 1977?
R.«Ero molto emozionato perché era la mia prima partita in serie A, ma in campo fui tranquillo. Ricordo che parai un calcio di rigore a Renato Curi, che, poverino, scomparve molto presto».

D. Poi, nell’estate 1979 il passaggio alla Juventus quale riserva di Dino Zoff.
R. «Sì. Preferivo rimanere a Bergamo perché nell’Atalanta almeno giocavo titolare. Però quando ti chiama la Juventus non puoi rifiutare».

D. Al termine dei campionati del 1980/81 e 1981/82 giungono due scudetti e al termine del campionato 1982/83 e dopo la sconfitta subita contro l’Amburgo in finale di Coppa dei Campioni difende la porta della Juventus sostituendo Dino Zoff e vincendo la Coppa Italia e il Mundialito, vero?
R. «Vero. Ricordo che fu una bella responsabilità andare in porta della Juventus al posto di Dino Zoff. Andai in campo deciso e feci una buona Coppa Italia e fu merito anche dei miei compagni. Dovevamo vincere anche il Mundialito. La Juventus e Boniperti volevano vincere tutto e ci riuscimmo».

D. Dal 1984 proseguono altri successi: scudetto al termine del Campionato 1983/84, conquista della Coppa delle Coppe e nel gennaio 1985 la conquista della Supercoppa in una partita passata alla storia e che la vide tra i protagonisti.
R. «Sì. Il ruolo del portiere l’avevo nel sangue. Nella partita della Supercoppa contro il Liverpool il campo era ghiacciato e ricordo che furono predisposte cinquanta stufette per farlo diventare molle. Giocammo con un pallone rosso e Boniek fu formidabile: era l’uomo di notte. Fu una bella partita. Eravamo una bella squadra ed era difficile batterci».  

D. Si passa alla finale della Coppa dei Campioni conosciuta come la strage dell’Heysel del 29 maggio 1985.
R. «Giocai i quarti contro lo Sparta Praga e la semifinale contro il Bordeaux e feci bene sia con lo Sparta Praga sia con il Bordeaux e anche i miei compagni giocarono bene.  Per la finale giocò Stefano Tacconi. Riuscimmo a vincere la Coppa dei Campioni. Vidi tutto ciò che accadde quel giorno e stetti molto male. Doveva essere una festa e c’erano tanti italiani e inglesi; mai avrei pensato ad una cosa così brutta. Abbiamo visto tanti morti…».

D. Gli anni 1985/86 la vedono ancora con uno scudetto, il quarto della sua carriera, e la Coppa intercontinentale.
R. «Vero. La partita disputata a Tokyo che ci consentì di vincere la Coppa Intercontinentale dovevamo vincerla prima dei calci di rigore perchè avevamo avuto delle belle occasioni e poi il goal di Platini che fu annullato era valido…». 

D. Dopo dieci anni consecutivi lascia la Juventus il 25 giugno 1989 per poi concludere la sua carriera calcistica indossando la maglia del Verona e poi quella dell’Inter.
R. «Ricordo che giocavamo contro il Verona ed entrai nella ripresa e vincemmo 3 a 0. Mi dispiacque molto andare via però quando la dirigenza decide di cambiare… Fu l’ultima partita nella Juventus anche di Antonio Cabrini. Anche il povero Gaetano Scirea aveva terminato l’anno precedente e nell’ultima stagione fece molta panchina per dare spazio a Roberto Tricella. Io e Gaetano eravamo come fratelli. Scirea era un uomo eccezionale sia sul campo che fuori dal campo. In campo poteva giocare in tutti i ruoli e quando andava in avanti era sempre pericoloso. Era un bravo ragazzo, bravo, bravo, ripeto sia sul campo che fuori dal campo. Purtroppo fu vittima di quell’incidente in Polonia.
Nella mia carriera ho giocato anche con i grandi calciatori di quei tempi come Zico, Maradona… Anche noi, però, eravamo dei campioni, c’era Platini, Boniek, Cabrini, Gentile, Scirea, Tardelli, Rossi e non eravamo da meno di tanti campioni. Platini era un grande…».

D. Bodini, quali diversità appaiono evidenti nella Juventus dei suoi anni in confronto alla Juventus di oggi?
R. «Oggi il gioco è più veloce. Si gioca di più la palla soprattutto sulle fasce e per arrivare a tirare in porta ci sono cinquanta passaggi… Rispetto ai miei tempi oggi è un gioco, ripeto, assai più veloce. Ai miei tempi per giungere a tirare in porta occorrevano meno passaggi, per esempio quando aveva la palla Platini la passava a Boniek che la crossava in mezzo e Rossi faceva goal. Quando, invece, Briaschi correva sulla fascia la passava al centro e faceva goal Rossi o Boniek… Praticamente con cinque-sei passaggi eravamo davanti alla porta avversaria».