Il nome del cantautore Rodolfo Banchelli non figura soltanto negli annali del Festival di Sanremo, bensì in altre pubblicazioni e, soprattutto, anche il mondo dei media gli dedica numerosi servizi.
La notorietà lo accompagna sin dagli anni giovanili quale ballerino di rock acrobatico, arte che gli consentirà di vincere un titolo europeo e ben due titoli mondiali.
Bella voce e uno stile musicalmente raffinato, ancora oggi capita di ascoltarlo in radio e di vederlo volentieri nel piccolo schermo.
D. Banchelli, come nasce la sua passione per la musica?
R. «Nasce da bambino. A mia madre piaceva cantare e mi faceva sempre ascoltare le canzoni alla radio. Da lì, forse, è iniziata la mia passione per la musica».
D. Il 1983 costituisce un anno importante e decisivo per lei, vero?
R. «Certo. In quell’anno partecipai e vinsi il Festival di Castrocaro e l’anno dopo, nel 1984, presi parte al Festival di Sanremo».
D. Infatti, l’anno successivo si presenta sul palco dell’Ariston di Sanremo nella sezione Nuove R. Proposte con il brano “Madame”. Un Festival tra i più importanti, con la partecipazione di grandi nomi della canzone italiana. Pur non raggiungendo la finale la sua canzone ebbe un successo inaspettato.
R. «Sì, “Madame” funzionò molto bene e per me fu una bella partenza».
D. Anche il 1985 la vide di nuovo al Festival di Sanremo e la rivedrà nel 1997 quale autore della canzone “Voglio un Dio” presentata da Pietra Magoni.
R. «Sì, nel 1985 partecipai nuovamente al Festival di Sanremo con la canzone “Bella gioventù”. In questo Festival la situazione fu complicata, nel senso che cambiarono il testo alla canzone. Il testo era diverso, non me lo fecero cantare e lo cambiarono; fui molto scocciato per questa cosa. Poi ritornai al Festival di Sanremo nel 1997 con la canzone “Voglio un Dio”. L’avevo scritta, la interpretò Pietra Magoni e l’esecuzione vide anche la mia partecipazione».
D. Cosa le suscitano queste due presenze al Festival di Sanremo, 1984 e 1985, e i suoi anni giovanili?
R. «Una bella occasione che, ripensando al passato, forse dovevo sfruttarla meglio, oppure va bene così… Sicuramente belle occasioni, belle esperienze e l’inizio di una vita nella musica».
D. Banchelli, cosa è mancato per continuare a mantenere il suo mestiere artistico ai grandi livelli?
R. «La vita è così. È un fatto di scelte, incontri, possibilità… Io mi sono anche dedicato ai locali, anche perché dovevo vivere. Poi certe occasione che ho cercato e non sono arrivate. La vita è così: dà delle possibilità, a volte si e a volte no, però le occasioni non sono mancate».
D. Se potesse ritornare indietro con gli anni?
R. «Non so se rifarei le stesse cose, magari cercherei di fare di più la mia musica e dedicarmi ancora di più alla musica e lasciar perdere le altre cose che ho coltivato».
D. Ancora oggi si esibisce e anche il suo nome appartiene alla rassegna storica dei cantanti fiorentini che hanno contribuito a tenere in alto il nome della canzone italiana. Pensa di incidere nuove canzoni e di recuperare la sua visibilità e notorietà di un tempo?
R. «Faccio questo mestiere e posso guadagnare di più e di meno, essere più visto o meno visto, però questo è il mio mestiere. Ho un disco già registrato da due anni e che uscirà nella prossima estate. Continuo a cantare dal vivo sia nei miei locali e sia in giro per la Toscana e per l’Italia».
D. Un nuovo disco?
R. «In questo disco ci sono tante belle canzoni che ho registrato alla fine della pandemia. Tante cose avevo scritto nel tempo, è sempre un Banchelli rock, blues d’autore e con testi abbastanza profondi, con tante riflessioni che fanno parte della mia vita e nelle quali tante persone si possono rispecchiare».
D. Come si intitola questo suo disco?
R. «“Uomini”».
D. Un titolo significativo che induce anche a riflettere…
R. «Sicuramente. È tutta una riflessione sulla vita e sulle possibilità, ma è anche un disco che parla d’amore, con canzoni d’amore, di vita, su problematiche che a tutti noi possono capitare».