In uno dei tanti profili biografici di Riccardo Azzurri si legge: «Cantautore toscano, muove i primi passi nella band degli Extra e incide nel 1981 il suo primo 45 giri, dal titolo “Comunque io”. Selezionato per Sanremo, raggiunge la finale. Indossa una giacca azzurra e l’immancabile, per il Festival 1983, cravattino di cuoio. Dopo un periodo nei circuiti alternativi del rock, continua con un’intensa attività nei pianobar della sua regione». Ed è vero. Infatti, Riccardo Azzurri, dotato di grande talento artistico, in questi quarant’anni che lo separano dalla sua esibizione al teatro Ariston di Sanremo ha continuato e continua a tenere concerti, a comporre canzoni, a regalarci emozioni e a parlare di sé sui social, sulla stampa e in televisione.
Il suo stile personale lo rende distinguibile. Come lo rende distinguibile il suo animo meravigliosamente umano.
Nel giorno del suo compleanno ci ha rilasciato questa interessante intervista. Lo ringraziamo e gli auguriamo ancora tanti anni ricchi di soddisfazioni artistiche.
D. Riccardo Azzurri oggi compie gli anni. Come vive questo giorno?
R. «Sono felicissimo perché non ho mai nascosto i miei anni e, tra l’altro, la mia felicità sta nel fatto che ho una colonna sonora. Cosa che i ragazzi di oggi di venti anni non ce l’hanno. Ho vissuto il momento più bello della fine degli anni ’60, con Jimi Hendrix, Stevie Wonder… e poi sono arrivati I Police. Ho avuto la fortuna di partecipare al Festival di Sanremo dove accanto a me avevo artisti come Peter Gabriel… Insomma ho vissuto la musica, quella più bella e più importante che oggi non esiste più».
D. Riccardo, ci parli un po’ della sua vita artistica musicale.
R. «Nasco con una chitarrina che mi regalò mio padre quando avevo dodici anni. Piano piano conobbi, crescendo, Rodolfo Bianchi, uno dei più grandi produttori di quel momento, che era anche il produttore di Claudio Baglioni, Renato Zero, Rino Gaetano, Anna Oxa… Io mi aggrappai a lui come fa una tellina di mare su uno scoglio, cercando di tirare fuori quello che avevo dentro e lui mi aiutò a riuscirci. Infatti, mi ritrovai al Festival di Sanremo nel 1983 e fu un’esperienza meravigliosa; ricordo che stonai nella prima parte della canzone dalla paura che avevo, ma poi andai avanti con la grinta di un ariete. Io sono un ariete e ho sempre vissuto questo segno in maniera costruttiva, ascoltando la musica che mi piaceva e ho tradotto tutto quello che riuscivo ad immagazzinare nell’ascoltare, soprattutto Lucio Battisti. Per me Battisti è stato il deus macchina italiano e come lui non ce ne saranno più».
D. Ha ricordato il Festival di Sanremo in cui si presentò con la stupenda canzone “Amare te”. Come raggiunse il palco dell’Ariston e come ebbe origine questa canzone?
R. «Arrivai in CBS con la mia chitarra e feci ascoltare la canzone che non aveva questo titolo. Il titolo era abbastanza allucinante: “Perturbazione atlantica”. Il direttore artistico Fabrizio Intra mi disse: “Riccardo la musica è molto carina e mi piace, ma il testo è da rifare. Se riesci a fare un bel testo per questa bella musica ti mando al Festival di Sanremo”. Ritornai a casa, mangiai e andai a letto. Nel cuore della notte, ricordo che mi svegliai con questo testo nella testa “amare te, amare te, amare te” e in cinque minuti scrissi “Amare te”».
D. Quel Festival ebbe una rappresentativa “toscana” assai qualificata; oltre a lei, parteciparono anche Stefano Sani, Donatella Milani, Pupo e Zucchero, vero?
R. «È vero. Con Zucchero ho dei ricordi stupendi. Prima del Festival di Sanremo facevamo le serate in Lucchesia a 50000 lire in due e ci accompagnava Beppe Tinti, il cugino di Pupo. Pensa, mi recavo a prendere Zucchero all’uscita dell’autostrada Versilia e andavamo in Lucchesia per esibirci insieme, ognuno cantando le sue canzoni. Zucchero, in quel periodo veniva a Firenze a registrare sue canzoni che avrebbe presentato al Festival di Sanremo 1983, come “Lisa se ne andata via”, interpretata da Stefano Sani, “Volevo dirti”, interpretata da Donatella Milani, “E la neve scende” interpretata da Brunella Borciani, “Stiamo insieme”, interpretata da Richard Sanderson».
D. Dopo il Festival di Sanremo 1983 sono seguite numerose canzoni, alcune delle quali molto toccanti, che ha presentato e presenta durante i suoi concerti e le sue esibizioni. Quali di queste predilige particolarmente?
R. «Io amo la musica dal vivo, come quella che ho fatto nel mese scorso nel locale del mio carissimo amico Rodolfo Banchelli. Mi sono esibito con la mia chitarra e con un violinista, Edoardo Galli, e con un amico di vecchia data, Marco Bucci, al pianoforte. Abbiamo fatto due ore di musica dal vivo ed è stata una cosa che mi ha riempito di gioia perché spesse volte ho fatto serate con basi musicali e non è divertente».
D. Si aspettava il successo conseguito con la canzone “Firenze madre” cantata con Aleandro Baldi?
R. «No. Non me l’aspettavo e devo ringraziare il mio amico Leonardo Pieraccioni che a me e Aleandro ci fece un bel messaggio promozionale sulle sue pagine social, pubblicizzando questa canzone. Tra l’altro, gli addetti ai lavori affermarono che “Firenze madre” potrebbe essere sicuramente la seconda canzone, tra le più belle, dedicata a Firenze. La prima chiaramente è “Firenze sogna” del maestro Cesare Cesarini. Io e Aleandro fummo veramente contenti. Fu una canzone che portai ad ascoltare ad Aleandro stesso e lui, con la sua bravura, riuscì ad apportare delle modifiche importanti»
D. Anche le canzoni “La mia preghiera” e “Canto popolare” sono stupende, non le sembra?
R. «“Canto popolare” è una canzone che nasce dalla storia di un nonna che mi raccontò la sua vita durante una seduta di musico-terapia. Da giovane si era innamorata di un ragazzo di 17 anni che purtroppo fu trucidato, siamo nel 1944, in pieno periodo bellico. Ho scritto questa canzone e ho fatto un video dove ci sono molti artisti toscani come Sergio Forconi, Rossella Mugnai, Luca Corti, Marta Martini e tutta una bordata di amici. Il mio desiderio era quello di poter fare ascoltare la canzone ad un grande maestro, Francesco Guccini. Riuscii ad avvicinarlo tramite la figlia nel periodo covid e lui non mi poté ricevere a casa sua, per cui gli inviai il cd. Guccini mi inviò una lettera nella quale si complimentava e diceva che gli era piaciuta molto “Canto popolare”. Io collaboro con molte associazioni tra le quali “I ragazzi di sipario”, dove operano ragazzi diversamente abili e dove ho mio figlio: scrissi la canzone “La mia preghiera” per loro. Il mio cd che produssi nel 2010 ebbe un grande riscontro e il ricavato fu devoluto a questa associazione».
D. La sua notorietà è dovuta anche al suo impegno concreto in tante iniziative benefiche. Cosa significa per lei la solidarietà?
R. «La solidarietà sarebbe un qualcosa che andrebbe compiuta in silenzio. Io vengo chiamato spesso per tante iniziative benefiche e molte volte mettono il mio nome per la solidarietà. Carlo, sono sincero: quando fai del bene è bene che rimanga nascosto. Non deve essere esternato come una sorta di marketing, però succede che quando fai una serata per una associazione o per una fondazione vieni citato per questa iniziativa. Però so cosa vuol dire la disabilità e so che la disabilità fa paura perché non la si conosce».
D. Riccardo, quali sono le sue più grandi gioie?
R. «Le mie più grandi gioie sono come quella di oggi: alla Fondazione Turati, dove svolgo musico-terapia, una signora di 87 anni mi ha applaudito tutto il tempo e mi ha chiesto se sarei tornato l’indomani. Queste sono le mie grandi gioie. L’applauso nel corso di una serata, sono sincero, è importante, però il bello è quello che viene stabilito dopo la serata, le persone che vengono da te e parlano con te. Anche se non è stata piaciuta una cosa deve indurti a pensare ad una cosa costruttiva. Non devi considerarla una cosa che ti giunge in maniera sbagliata».
D.“Io dico di no” è il titolo del suo nuovo album. Può illustrarne i contenuti?
R.«“Io dico di no”arriva da una situazione che io purtroppo ho provato e che si riferisce ad un dolore grande che ho vissuto nel dicembre 2021. Ho cercato di dire di no al dolore, alla rabbia e alle persone che non ti cercano nel momento in cui devi essere cercato. Noi abbiamo un cervello che deve aiutarti perché quando tu dici di sì, molte volte quel sì è sbagliato. Il no è importante per rafforzare il tuo io, la tua esistenza, il tuo credo, anche perché se alle persone dici di no e fai capire perché lo dici forse ti apprezzano di più. All’interno di questo album ci sono molti brani
come “I Violini di Auschwitz” che ho dedicato alle persone scomparse durante la Shoah; i violini servivano a quei maledetti nazisti per accompagnare gli ebrei alle camere a gas. Ho scritto un brano come “Addio regina di cuori” dedicato alla regina Elisabetta. Un altro brano è “Ferma la guerra”; un altro ancora è “Pace sarà”. È un album, per me, importante e ci credo molto. Spero che mi dia molta soddisfazione».