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India: Un’espressione da risolvere per essere assunti come docente di matematica. E noi saremmo pronti? | Alessandra Butelli

India: quale miglior colloquio di lavoro per un professore di matematica, se non rispondere all’offerta risolvendo un’equazione? Deve essere stata proprio questa la pensata di un istituto privato dello Stato del Gujarat per cercare nuovi docenti. Nel pubblicare l’offerta di lavoro, i selezionatori hanno deciso di “nascondere” delle cifre indispensabili dietro il risultato di una complessa espressione matematica. Risolvendo l’equazione, infatti, il risultato che si presenta davanti ai potenziali candidati offre il numero da chiamare per ottenere il posto. Un’offerta di lavoro sui generis che è diventata subito virale sui social network e tra i media indiani.

Con 450 mila visualizzazioni, l’equazione ha suscitato un diluvio di commenti: dalle congratulazioni all’istituto «Bravi i reclutatori: in questo modo hanno evitato la prima fase della selezione!» a «Tempo guadagnato: chi risolve l’equazione ha il posto assicurato!», alle foto dei fogli su cui, con successivi calcoli, si ottiene la soluzione e si individuano le dieci cifre; fino ad arrivare a chi, semplicemente, pubblica il numero di cellulare da chiamare per candidarsi. L’annuncio è stato rilanciato su Twitter da Harsh Goenka, presidente di un gruppo industriale di Mumbai che spazia dagli pneumatici all’informatica ed è solito pubblicare post giocosi per ingaggiare e sfidare i suoi follower. Con oltre 500mila visualizzazioni, l’espressione ha suscitato tantissimi commenti sui social. L’India, tra l’altro, è tra gli Stati del mondo che hanno contribuito maggiormente alla nascita della matematica: lo sviluppo di questa materia, risalente al periodo tra il 1200 e il 200 avanti Cristo, avrebbe delle radici proprio nel Paese asiatico.

Furono proprio gli indiani a scoprire il sistema di numerazione posizionale, fondato sull’uso di nove simboli per scrivere tutti i numeri e dello zero (sistema decimale), a formulare le regole per le quattro operazioni e a risolvere le prime equazioni di primo grado. Solo diversi anni dopo, intorno al 1200 dopo Cristo, queste conoscenze furono diffuse in Italia.

MA IN ITALIA SAREMMO PRONTI AD UNA RICHIESTA SIMILE?
In Italia è quasi impossibile trovare un docente di matematica, e non solo per quella disciplina! Su “Orizzonte Scuola”, proprio di recente, si legge l’appello di una dirigente scolastica alla ricerca di un sostituto del prof di ruolo. Anche perché nelle scuole non basta trovare i docenti: per alzare le competenze degli alunni è bene che tra i loro insegnanti vi siano persone “brave e competenti”. Non me ne vogliano male i colleghi lettori ma questa è la realtà, soprattutto quando i presidi si ritrovano a gestire docenti con nessuna esperienza di insegnamento o assenteisti.

Non si trova il supplente, storia di ordinaria follia”, come scrive il preside Ludovico Arte, dirigente scolastico dell’ITT “Marco Polo” di Firenze. “Inizio d’anno. Cattedra di matematica vuota. L’ufficio scolastico nomina una supplente sta circa un mese, poi va in maternità”. A quel punto “tocca alla scuola, che chiama dalle graduatorie. Ma nessuno risponde. Finite le graduatorie, si va sulle cosiddette Messe a Disposizione inviate dai docenti”, le famigerate Mad inviate a valanga a scuola da aspiranti docenti che vorrebbero prendere servizio in uno delle migliaia di plessi scolastici situati anche a centinaia di chilometri da casa. Ma “la ricerca non è facile”, prosegue il dirigente.

“Nel frattempo, i ragazzi rimangono settimane senza insegnante. Poi ci risponde un giovane laureato. Va in classe, ma dopo un altro mese si dimette per un dottorato all’Università. E si ricomincia. Dopo alcuni giorni, troviamo un altro insegnante. Ma non fa in tempo a prendere servizio che prima si infortuna e poi ottiene anche lui un dottorato. Arriviamo a gennaio con gli studenti che di matematica ne hanno fatta ben poca. Ci rimettiamo a cercare e alla fine individuiamo due docenti. Nessuno di loro ha mai insegnato. Uno si è laureato da pochi giorni, l’altro è un quarantenne con esperienze in altri settori. Optiamo per il secondo”.

A questo punto “succede l’imponderabile”, annota il ds. “Parte dalla Calabria e si presenta un lunedì mattina. Vediamo subito che è ombroso, teso. Gli diamo qualche indicazione e lo mandiamo in classe. Ne esce scosso. Fa ancora due ore di lezione e va via. Poi richiama e dice che non ce la fa, che insegnare lo agita, che vuole lasciare. Proviamo a rassicurarlo, inutilmente. Si capisce che è meglio per tutti che si dimetta. Poco dopo lo risentiamo, è già in viaggio per la Calabria. Ha speso soldi e tempo per un’esperienza di lavoro durata tre ore”.

Famiglie preoccupate. In effetti, “scrivono alcuni genitori, giustamente irritati e preoccupati”, prosegue il dirigente. “Mi scuso e cerco di spiegare la situazione. Intanto chiamiamo il neolaureato. Risponde entusiasta, lavorare nella scuola è il suo sogno. Lo sentiamo alle 10 e alle 16 è già su un treno che dalla Sicilia porta a Firenze. Arriva in stazione alle 6 e alle 7 è davanti alla scuola ad aspettare che apra. Lo accoglie la vicepreside, che ricomincia con le istruzioni e il maternage. È emozionato e insicuro, come tutti noi quando abbiamo iniziato, ma ci prova con lo spirito giusto. I colleghi di matematica lo adottano e lo sostengono. Finalmente le classi hanno il loro professore”.

Conclusione? “Sono storie scolastiche di ordinaria follia“, conclude il dirigente Ludovico Arte. “Qualcuno prima o poi si accorgerà che in questo Paese il reclutamento degli insegnanti non funziona. E che, se vogliamo cambiare davvero le cose, dovremmo ripartire dalla motivazione e dalle attitudini di chi vuole fare questo lavoro”.
E poi lo stesso Preside intervistato quasi alla fine dell’anno scolastico: “Preside, siamo venuti a dirle che il nostro professore di matematica ci piace molto. È bravissimo. Sappiamo che è un supplente. Possiamo riaverlo il prossimo anno?”, gli avevano chiesto gli studenti, entusiasti dell’esperienza didattica vissuta con il loro docente. “Ragazzi, mi spiace”, aveva risposto loro, “io non ho nessun potere nella scelta degli insegnanti. Devo rispettare le graduatorie. Speriamo che tocchi a lui quando faremo le convocazioni. In quel caso, lo riassegnerò alla vostra classe”. La speranza è l’ultima a morire, come si suol dire. Poi è morta. Evidentemente! Qui gli fa eco una professoressa di un altro istituto. “Noi siamo ancora in attesa della prof di spagnolo – scrive – e speriamo si concluda positivamente come la vostra di matematica. È comunque una follia!”

Anche nel nostro Istituto si presenta all’inizio di ogni anno scolastico o in occasione di una supplenza la stessa storia in ogni ordine di scuola, dalla materna alla vicina scuola secondaria di primo grado. E arriviamo poi al nuovo Collegio dei Docenti dove incontriamo sempre facce nuove sedute tra i colleghi abituali, che ci guardano quasi per cercare di capire “chi sarà il mio collega domani in classe?” o per iniziare un dialogo con il compagno accanto e rompere il ghiaccio. “Ciao sono Luigi sarò in classe con te domani ma ti dico subito che non ho mai insegnato e fino a ieri ero nell’ufficio dell’agenzia di Assicurazioni di mio padre…”
…e via verso nuove avventure!!

Alessandra Butelli