Il carnevale di Viareggio compie 150 anni. Chissà se i suoi pionieri avevano pensato di raggiungere una meta così importante.
Sta il fatto che questo corso carnevalesco ha conseguito sorprendentemente una popolarità in tutto il mondo da suscitare particolare interesse nei grandi e piccoli, nei giovani e nei meno giovani. Questo evento ormai appartiene alla storia e puntualmente ogni anno si arricchisce con nuove particolarità scenografiche di alta fattura.
Non poteva, quindi, passare inosservato dalle nostre pagine questo anniversario carico di significato e abbiamo quindi ritenuto opportuno parlarne con un celeberrimo viareggino, Adolfo Lippi, su cui i social dicono: «Adolfo Lippi è giornalista, scrittore e regista. Formatosi in giornali quali “Il Telegrafo” di Livorno e “Politica” di Firenze, si è trasferito ancora giovane a Roma dove ha collaborato a numerose testate tra cui “Il Mondo”. È stato regista di documentari, fiction, concerti e festival firmando, per la Rai, diversi programmi. Ha diretto i film “Ottobre rosa” e “I ragazzi di Via del Corso” e scritto varie opere teatrali. È stato consigliere di amministrazione dell’Ente Cinema (Cinecittà ed Istituto Luce) e del Centro Sperimentale di Cinematografia. Inoltre, è stato in tutte le commissioni di esperti del Ministero per il Turismo e lo Spettacolo dal ministro Signorello al ministro Veltroni»
D. Dott. Lippi, in quale contesto storico e per quali ragioni nacque il carnevale di Viareggio?
R. «Il carnevale a Viareggio in modo spontaneo c’è sempre stato. I ragazzotti facevano già il carnevale nella Viareggio del primo Seicento. Ma il carnevale organizzato nasce nell’Ottocento. Sulla via Regia alcune famiglie lucchesi avevano costruito grandi palazzi per venire al mare, non tanto per la balneazione, che allora non era di moda, ma per il divertimento e lo svago, soprattutto durante la Quaresima; a Lucca infatti non si poteva né giocare né ballare in questo periodo dell’anno. A Viareggio nacque così un “comitato carnevale”, che organizzò nel 1873, centocinquanta anni fa, il primo carnevale ufficiale con carrozze, carrette e biciclette sulla via Garibaldi».
D. Secondo lei, dove si può percepire l’entusiasmo che anima gli organizzatori?
R. «L’entusiasmo nasce più tardi e nasce come carnevale borghese di famiglie che in via Regia avevano palazzi e un casinò dove si giocava. Successivamente, ai primi del Novecento, divenne anche un fatto turistico perché si sviluppò la balneazione. La gente veniva da tutta Europa e Viareggio divenne una città balneare europea. Imitando Nizza, dove c’era già un grande carnevale, a Viareggio nacque un entusiasmo intorno ai carri mascherati. Si cominciò così a costruire i primi carri allegorici, piccoli ma molto spettacolari già a quel tempo, e il carnevale si trasferì sulla Passeggiata. Allora le agenzie turistiche di tutta Europa invitavano al carnevale, che assunse i tratti anche di fenomeno industriale e di spettacolo europeo. Ecco come è nato l’entusiasmo per il carnevale».
D. Quali significati assume il carnevale per una città come Viareggio?
R. «Viareggio, essendo una città turistica, ha bisogno anche d’inverno di creare una industria. Il carnevale praticamente è l’unica azienda di richiamo che funziona in inverno. In estate c’è il grande richiamo del mare e della balneazione. Il carnevale diventa quindi un fatto importante, alla cui popolarità contribuisce dal 1954 la televisione. Però era già importante durante il fascismo perchè tutti i Dopolavoro italiani avevano come meta invernale il carnevale di Viareggio. Il carnevale impiega cinque-seicento maestranze per costruire i carri e tutto l’ambaradam. Oggi si sviluppa soltanto nei sabati e nelle domeniche. Negli anni addietro ogni giorno c’era sempre qualche spettacolo, qualche avvenimento. In questi ultimi tempi è andato fuori moda e si fanno soltanto i corsi mascherati e la sfilata dei carri, che sono indubbiamente nel mondo le costruzioni allegoriche più importanti».
D. Può ricordare un carnevale particolarmente diverso da tutti gli altri?
R. «I carnevali più importanti che ho visto io sono stati quelli degli anni Sessanta, nel grande boom della satira politica. Il carnevale nell’antichità nasce irriverente in ogni parte del mondo. È un fatto pagano e contro il potere, quindi deve mantenere questa irriverenza e irrazionalità. Adesso si è molto moderato ed è diventato quasi moralistico e didattico. Bisogna stare attenti all’ecologia ecc… Ma il carnevale più autentico è quello irriverente. I carnevali che a me sono piaciuti di più, ripeto, sono quelli degli anni Sessanta, con personaggi come Giovanni Lazzarini, Alessandro Avanzini, Arnaldo Galli che realizzavano carri con le grandi personalità della vita politica, da Mao Se-Tung ai presidente americani, dalla guerra del Vietnam ecc… Era un carnevale abbastanza irriverente e aveva il sapore vero».
D. Come è cambiato il carnevale in questi ultimi venti anni?
R. «Il carnevale una volta era l’antitesi della Quaresima in cui si poteva stramangiare, bere e ubriacarsi. Era abbastanza licenzioso. Soprattutto negli ultimi venti anni le sfilate dei carri sono diventate autodidattiche. Intanto i ragazzi non hanno più bisogno del carnevale per ubriacarsi, basta andare il sabato sera in discoteca; e non c’è più bisogno di licenziosità sessuali, perchè ormai il sesso lo praticano già i ragazzi di tredici anni. Il carnevale è diventato bellissimo perchè i costruttori dei carri sono molto bravi, però ha preso più una piega didattico-educativa. Si fa più riferimento ai termini ecologici, all’ambientalismo e non si fa più l’irriverenza carnevalesca legata all’ubriachezza, all’ovazione… Sono molto cambiati gli aspetti del carnevale».
D. A parer suo, il carnevale di Viareggio riesce sempre ad attirare l’interesse come negli anni del secolo scorso?
R. «Direi di sì, perchè durante l’inverno non c’è quasi nulla in Italia. Il carnevale è l’unica manifestazione di una certa rilevanza, perchè i carri sono molto belli, spettacolari e molto arricchiti di movimenti, di luci. Fanno molta suggestione. Non essendoci nulla come richiamo carnevalesco in Italia, a parte Venezia, a Viareggio si fa un carnevale “sfilata”. La gente viene sta sulle tribune e vede passare questi grandi carri e assiste allo spettacolo. Invece al carnevale ognuno dovrebbe fare spettacolo di sé stesso, questo era lo spirito del carnevale. Mascherarsi e diventare per un mese diversi dalla razionalità. Però richiama ancora. Indubbiamente è uno spettacolo affascinante».
D. Riesce ad intravedere qualche “nota dolente” in questa manifestazione storica?
R. «Direi di no. A parte che c’è una caduta di entusiasmo perchè non c’è più bisogno del carnevale per fare baldoria. Anche al Festival di Sanremo si fa baldoria. Baldoria si fa dovunque. Prima la baldoria era legata solo al periodo precedente la Quaresima. Il carnevale nasce in epoca pagana e anche ad Atene e nell’antica Roma come elemento di festa in attesa della primavera. Adesso con il clima che è cambiato e le primavere che ci sono tutto l’anno e l’inverno che non c’è quasi più, non c’è motivo di fare baldoria in quel periodo. La chiesa cattolica lo accettò dal mondo pagano e lo limitò al periodo prequaresimale. Oggi tutto l’anno si fa baldoria, travestimento. Ormai la gente non ha più bisogno di quel periodo specifico».
D. Lei ha scritto un bellissimo libro intitolato “I viareggini”. Come si atteggia il cittadino di Viareggio rispetto al suo carnevale?
R. «Il carnevale, come ho già detto, a Viareggio è una industria, una azienda che funziona in inverno, ma ha anche degli aspetti legati alla tradizione locale. Viareggio aveva due luoghi importanti: la Darsena legata al mondo degli anarchici, dei rivoluzionari e dei socialisti, luogo festoso, con osterie dove ci si ubriacava; gli spazi della balneazione con gli stabilimenti per la borghesia. Il carnevale nasce dalla borghesia massonica che puntava sul turismo. La Chiesa non voleva il turismo a Viareggio. I primi frati che giunsero a Viareggio volevano un mondo contadino e di pescatori, un mondo più umile. Invece, arrivò ai primi del Novecento anche la grande borghesia lucchese, che creò i primi grandi alberghi e la Massoneria puntò soprattutto sull’ippodromo, sul gioco, sul casinò e sul carnevale. Allora i viareggini avevano questi due caratteri: il carattere dei ribelli, del rivoluzionario e dell’anarchico, però nello stesso tempo erano eleganti ed educati a ricevere la grande borghesia europea che veniva al mare. Questi due aspetti crearono il carnevale. I viareggini sono questo, da una parte molto irreverenti e da una parte però hanno un atteggiamento di accoglienza e non a caso tutti a Viareggio si sono trovati bene, soprattutto negli anni passati. Oggi è più un turismo di massa».