“So cosa dice la gente del “Giorno della Memoria”. La gente già da anni dice, basta con questi ebrei, che cosa noiosa”.
Sono la parole amare pronunciate durante un’iniziativa milanese dedicata alla Shoah dalla senatrice Liliana Segre, che poi aggiunge: “Tra qualche anno sulla Shoah ci sarà una riga tra i libri di Storia e poi più neanche quella”.
Sono, le sue, sensazioni dettate dal pessimismo, o forse dalla convinzione che come si sono indebolite le ideologie novecentesche forse si è indebolito lo sdegno che esse generavano.
Ma io, da insegnante di Storia, posso fortunatamente smentirla. Non so ancora per quanto, ma il momento in cui la tragedia dei sei milioni di ebrei sterminati dal Nazifascismo finirà di suscitare interesse nelle generazioni più giovani è ancora lontano. Anzi, è purtroppo uno dei rari argomenti di Storia che fa sollevare la testa dal telefono cellulare, e accende domande, curiosità, perfino lacrime. Sarà che i ragazzi di oggi vengono da un periodo difficile, segnato dalla pandemia e dalla guerra; oppure, più semplicemente, sarà che la storia del Novecento è documentata in modi più vicini al loro mondo, come immagini, video e film, e appassiona di più.
Non passa anno che non si ricordino del Giorno della Memoria, e che non chiedano di celebrarlo in qualche modo: guardando un film, leggendo qualche pagina di Anna Frank, commentando un documentario o un’intervista ai sopravvissuti. Il Treno della Memoria, che conduce gli studenti nel luogo simbolo dello sterminio, il complesso concentrazionario di Auschwitz-Birkenau, è un’altra esperienza in cui chiedono a noi docenti di accompagnarli; ma c’è un iter lungo da seguire, e dopo il Covid è diventato perfino più difficoltoso. Chi va, quando torna non è più lo stesso; eppure tutti vogliono andare, e non con lo stesso spirito con cui si va in gita.
Vorrei dire alla senatrice Segre che c’è speranza, e che quella speranza che forse non trova più negli adulti deve cercarla proprio nei giovani, a cui in fondo si è sempre rivolta. C’è ancora grande sensibilità e attenzione verso la Shoah, una delle tragedie più spaventose del Novecento. E se un giorno non troverà più spazio sui libri di Storia vuol dire che ci arrangeremo a raccontarla in altri modi, ma la racconteremo lo stesso.
Stefania Berti