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Undici anni di attesa per lo scudetto più bello I intervista di Carlo Pellegrini

«Il Milan ha conquistato il titolo che corona un lavoro meraviglioso». Sono parole di Xavir Jacobelli, celebre e storico direttore di più testate sportive – tra le quali ricordiamo Tuttosport, Il Corriere dello Sportl-Stadio e QN Quotidiano Nazionale -, oltre che qualificato giornalista televisivo. 

D. Direttore, ritiene che il Milan abbia vinto il Campionato meritatamente?
R. «Assolutamente sì. Il Milan ha coronato un lavoro che è iniziato due anni e mezzo fa quando l’allenatore Stefano Pioli assunse la guida della squadra. E’ stato un lavoro splendido di costruzione di una squadra ricca di talento, giovane e quindi di grande prospettiva, il cui merito deve essere ovviamente accreditato e riconosciuto a Paolo Maldini e Frederic Massara per quanto concerne le scelte di mercato, a Pioli che ha valorizzato questi indirizzi e a un fronte societario per il quale Ivan Gazidi, nonostante la malattia che lo aveva assalito nel luglio scorso, è riuscito a dimezzare le perdite al punto di suscitare l’interesse e poi l’acquisto da parte di RedBird. È stato un capolavoro assoluto».

D. Quali sono stati i migliori ingredienti di questa vittoria?
R. «Comincerei da Pioli, perchè è stato un allenatore che ha fatto della concretezza, dello stile, della serietà, della chiarezza di idee le sue armi migliori, valorizzandoha i talenti che aveva a disposizione. La crescita di Rafael Leão è sotto gli occhi di tutti, come quella di Pierre Kalulu e di Fikayo Tomori, per non dire poi anche di Calabria e di Maignan, il più degno sostituto di Donnarumma. Pioli ha così ottimizzato le scelte di mercato di Maldini e di Massara. Importante è stato lo spirito di gruppo cementato dalla leadership di un veterano del calibro di Ibrahimović, il quale, nonostante che nella seconda parte del campionato abbia dovuto affrontare problemi fisici, si è confermato il leder assoluto nella squadra».

D. Come giudica questo campionato appena concluso dal punto di vista tecnico?
R. «Io non appartengo alla schiera di coloro i quali pensano che, siccome il Campionato è stato particolarmente avvincente e palpitante sino all’ultimo minuto dell’ultima giornata, in testa come in coda, per non dire poi dell’incontro in Europa League, credo che sia stato un bellissimo Campionato, molto interessante, avvincente. L’euforia con la quale i tifosi del Milan hanno festeggiato lo scudetto, la gioia con la quale i supporters della Roma hanno celebrato la Conference League e quelli della Salernitana hanno fatto festa ad una salvezza straordinaria, testimoniano la grande voglia di partecipazione che dopo due anni di pandemia hanno i tifosi di ogni squadra». 

D. Si aspettava la retrocessione di due squadre come il Cagliari e il Genoa?
R. «All’inizio dell’anno sportivo non si indicano mai le squadre in odore di retrocessione perchè la speranza e l’auspicio dei tifosi è quella di vedere crescere le proprie squadre. Purtroppo nella storia del calcio quando un’annata inizia male a volte finisce peggio: cambi di allenatore, giocatori che non rendono secondo le aspettative, situazioni che progressivamente si ingarbugliano e precipitano. L’auspicio è che Genoa, Cagliari e Venezia possano ritornare al più presto in serie A, perchè anche da queste esperienze si può ripartire facendo tesoro degli errori commessi».

D. Secondo lei, cosa è mancato all’Atalanta per ripetere i risultati dello scorso campionato?
R. «Nei sei anni dell’allenatore Gasperini l’Atalanta ha conquistato un settimo, un quarto, tre terzi e un ottavo posto; poi cinque campagne consecutive europee di cui tre in Champions League, in una delle quali è arrivata ai quarti di finale con una sconfitta contro il Paris Saint Germain all’ultimo minuto; ancora, due finali di Coppa Italia nell’arco delle tre edizioni precedenti a quella che quest’anno è stata vinta dall’Inter. È stato un ciclo formidabile, ma normale che i cicli si aprano e si chiudano. Credo che Gasperini abbia le idee molto chiare, così come la società bergamasca, sodalizio modello specializzato nella valorizzazione dei giovani; l’ultimo esempio è Giorgio Scaldini, 18 anni compiuti, già chiamato da Mancini nella Nazionale. L’Atalanta è una società che possiede lo stadio e il centro sportivo, vanta sei miliardi di utili consecutivi con un fatturato che è il quarto di serie A ed è riuscita a coronare un capolavoro dal punto di vista societario perché con l’ingresso di Pagliuca nei soci busconiani diventerà ancora più forte sul mercato, per cui la squadra di Gasperini ripartirà per cercare di ritornare in Europa».

D. A parer suo, cosa veramente non ha girato per il verso giusto nella Juventus? Di cosa necessita veramente per vincere la Champions League?
R. «Premesso che questa volta buca esiste dal 1996 e che gli anni sono ventisei, è una Juventus che a mio avviso se riparte per la prossima stagione con gli arrivi Pogba o Di María, ma con la stessa concezione di gioco che ha contraddistinto la stagione appena conclusa e soprattutto la parte finale – ricordo la sconfitta nella finale di Coppa Italia, il pareggio interno con la Lazio e la sconfitta di Firenze, dove non ha fatto un tiro in porta -, non andrà lontano. È una questione di gioco, di qualità di gioco, che purtroppo la Juventus nel Campionato appena concluso non ha avuto. Ora vederemo se con gli innesti di qualità che si annunciano, come Dimaria, la squadra farà un salto di qualità. Però è fondamentale innalzare il livello del gioco, altrimenti in Europa non vai da nessuna parte».

D. Come valuta i numerosi allenatori che si sono avvicendati nel corso di questo campionato?
R. «Abbiamo detto di Pioli. Secondo me ha fatto molto bene anche Simone Inzaghi, tanto vero che la società lo ha confermato fino al 2024; penso che abbia fatto molto bene anche Luciano Spalletti, nonostante una serie di ostacoli come gli infortuni dei giocatori più rappresentativi e la pandemia. Nicola è sicuramente un allenatore che merita, con tutto il rispetto per Pioli, la panchina d’oro: dopo Crotone, Genoa e Torino ha salvato anche la Salernitana, benchè soltanto lui e pochi altri, prendendo la squadra a febbraio, credessero nella possibilità di rimanere in serie A».

D. Avrebbe mai pensato alla promozione in serie A del Monza e alla vittoria della Conference League della Roma?
R. «Prettamente sì. Per quanto riguarda il Monza ricordo che due anni fa posi delle domande ad Adriano Galliani chiedendogli quale fosse l’obiettivo? La sua risposta fu: Andare in serie A, restarci e giocare il derby con il Milan a San Siro. L’altra domanda: Qual è il budget che pensate di metterete a disposizione per tagliare questi traguardi? Risposta: Tutto ciò che serve per andare in serie A. Conoscendo Galliani e avendo avuto la fortuna, quale inviato del Corriere dello Sport, di seguire passo passo i primi sette anni della gestione di Berlusconi del Milan e la straordinaria epopea del Milan euro mondiale sia di Arrigo Sacchi che di Fabio Capello, devo dire che non mi ha sorpreso affatto la storica promozione del Monza in serie A anche perchè è evidente che la passione, la voglia e la disponibilità finanziaria di Silvio Berlusconi possano consentire al Monza di costruire una quadra per rimanere in serie A; e penso che ce la possano fare. In merito alla vittoria della Conference League della Roma mi è piaciuto, sin dalla prima partita che la Roma ha disputato, lo spirito con il quale Mourinho e la sua squadra hanno affrontato questa competizione. Quelli che l’hanno snobbata non capiscono o fanno finta di non capire quanto sia importante una affermazione in campo internazionale. Peraltro, il nostro calcio non vinceva una Coppa europea dal 2010, non vince l’Europa League dal 1999. Il Parma di Malesani fu l’ultima squadra capace dell’impresa, quindi la Conference League della Roma è stata un motivo di enorme gioia per i suoi tifosi e soprattutto di grande soddisfazione per il nostro calcio internazionale – e Dio solo sa quanto abbiamo bisogno di affermazioni del genere. La vittoria della Conference League della Roma ha confermato ancora una volta la straordinaria grandezza di questo signore portoghese, Mourinho, che ha così aggiunto il ventiseiesimo trofeo alla sua bellissima e invidiabile bacheca».