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Jerry Calà, un comico per tutte le stagioni I intervista di Carlo Pellegrini

Jerry Calà appartiene a pieno titolo al patrimonio televisivo e cinematografico italiano. Lo confermano pienamente i suoi numerosi film, divertenti e immortali, presenti nella vita di tutti – grandi e piccoli, giovani e meno – da oltre quarant’anni a questa parte.
La sua distintiva comicità lo rende un personaggio genuino e veramente singolare nel suo genere.

D. Jerry, avrebbe mai pensato agli esordi della sua carriera di conseguire un successo così clamoroso?
R. «Beh, ci speravo, ma certo non mi aspettavo di avere una carriera così. Ci contavo e ho lottato tanto».

D. Quando ha veramente capito che la sua comicità poteva rivelarsi per la sua professione artistica?
R. «Mah, quando ho incominciato a sentire per strada la gente che ripeteva i miei tormentoni che iniziavo a proporre nelle prime trasmissioni televisive. A quel punto mi si è aperto un mondo. Allora ho pensato: si vede che piace un pò la maniera in cui dico le cose visto che le ripetono e arrivano perfino a far parte anche del linguaggio comune. Ho capito che avevo la fortuna di piacere alla gente che ripeteva, ribadisco, un pò le cose come le dicevo io».

D. Dopo aver conquistato una celebrità straordinaria, cosa significa per lei oggi essere Jerry Calà?
R. «Ma io sono sempre io. Non è che il successo mi abbia cambiato tantissimo. Cioè, voglio dire, forse appena l’ho avuto per un attimo mi ha stravolto negli ’80. Ma poi ci ho fatto l’abitudine e l’ho saputo gestire e prendere nella maniera giusta, senza farne una necessità di vita. Ho capito che bisognava comunque restare se stessi e stare tranquilli e che i valori nella vita sono anche altri, come la famiglia, gli amici e soprattutto la salute».

D. Nella sua vita di attore noto cosa ha conservato del suo essere “giovanile e divertente”?
R.«Penso tutto. È questo, forse il segreto della longevità della mia carriera: il fatto di aver tenuto il famoso “fanciullino” che tutti abbiamo dentro di noi e di averlo mantenuto sempre tale, giovane e con la voglia di fare e di divertire».  

D. Da Carlo Vanzina a Marco Ferreri, da Castellano e Pipolo a Marco Risi ecc… a quali registi si sente fortemente vicino?
R.«Mi sento vicinissimo intanto a Carlo Vanzina, al quale debbo forse i miei più grandi successi e gli inizi della mia carriera cinematografica, perché i primi film li ho fatti con lui. Mi manca molto perché purtroppo non c’è più. E poi mi sento molto vicino a Marco Risi, con il quale ho fatto il mio primo film da sub protagonista, intitolato “Vado a vivere da solo”, che ha segnato un po’ l’avvio del mio grande successo al cinema negli anni 80. Poi Marco Ferreri, per me indimenticabile: lavorare con lui è stata un’esperienza unica perché era un genio assoluto del cinema, un maestro. Abbiamo stretto anche un’amicizia, una frequentazione meravigliosa e anche lui purtroppo se n’è andato troppo presto. Avevamo anche dei progetti insieme. A lui debbo anche il premio più ambito che ho preso nella mia carriera, quello della critica italiana a Berlino».

D. Quali sono stati i momenti più gioiosi del suo lavoro? E quali quelli più tristi?
R. «I momenti più gioiosi sono sempre quando lavori, quando incominci un film e arrivi sul set e vedi tutta la truppa e ti senti immerso in quel mondo fantastico. Quello è sempre un momento di gioia. Altrettanto quando si apre il palcoscenico di un teatro e vedi migliaia di persone che sono lì solo per te, pronte ad applaudirti, a ridere alle tue battute, a cantare con te. Insomma, questi sono i grandi momenti di gioia. Quelli tristi subentrano quando tutto questo non si può fare, come è avvenuto durante la pandemia e il lockdown, che è stato un momento in cui mi è stato tolto tutto questo; certo, non solo a me: a tantissima gente, a tutti gli italiani è stato tolto qualcosa. Perdere il pubblico e il senso cinematografico è stato veramente triste per me».

D. Alla storia del cinema e della televisione italiana appartengono i suoi film. Quali di questi occupano un posto rilevante? E quali di questi sono particolarmente incancellabili nel suo cuore?
R. «Ho la fortuna di avere tanti film diventati dei cult, come “Sapore di mare”, la cui scena finale tra me e Marina Suma è stata definita una delle più belle della commedia italiana. Questo mi ha fatto molto piacere. Poi anche il film “Vacanze di Natale”, in cui ho interpretato il personaggio Billo, che in una certa maniera ancora mi porto dietro quando faccio i miei spettacoli. Uno dei miei film preferiti è “Un ragazzo e una ragazza”: sotto la regia attenta di Marco Risi mi sembra di aver dato prova di attore a 360 gradi sia nella brillantezza che nei momenti drammatici della storia».

D. I suoi film hanno visto la partecipazione di numerose attrici. Con tutta onestà, quali di queste ritiene più qualificate?
R. «Ho avuto la fortuna nel film “Vacanze di Natale” di lavorare, secondo me, con una delle più grandi attrici non solo italiana ma anche europea e forse mondiale, la signora Stefania Sandrelli. Per me quello è stato l’incontro artistico forse più intenso, più forte e più emozionante». 

D. Quali dei suoi film, secondo lei, meritano di essere rivisti?
R. «Potrei dire che sono pochi quelli che non meritano di essere rivisti. La maggior parte li consiglio. Vedo che li continuano a programmare e vedo anche nuovi fans tra le nuove generazioni».