“Ehi, ciao! Quanto tempo! Come stai? Sì, dai, anche io non mi lamento. Sto andando ad un appuntamento ed il locale non dista molto da qui. Ti andrebbe di accompagnarmi?

Nulla di che, classico primo incontro con una persona di cui ti colpisce la facciata esterna e sei dilaniato internamente dalla curiosità di sapere se l’estetica dell’apparizione viene rispettata anche dall’arredo interno, se così vogliamo dire.

Ma figurati: superata una soglia di anni, non sei più il ragazzino che ha timore di commettere qualche passo falso. Diciamo che l’emozione c’è, ma non sono spaventato. Non vi è motivo per cui io debba esserlo. Apparteniamo a quell’età nella quale sei troppo giovane per esser vecchio e troppo vecchio per essere giovane. Siamo in un limbo.

 

Ma non ti mette ansia tutto ciò? Non ti azzanna le caviglie il rumore delle lancette che scandiscono in modo infallibile ed impassibile gli attimi? Mai una volta che si sbaglino! Che cosa costerebbe loro regalarci un secondo qualche volta? Così, tanto per permetterci di assaporare a pieno ciò che si prova in quello spaccato di eternità. Ma forse la vera essenza delle emozioni risiede proprio qui: se avessero una durata maggiore, perderebbero il loro inconfondibile sapore. E’ risaputo: più mastichi, più il gusto scompare.

Oppure pensa a questo: qual è il tuo libro preferito? O il tuo film, oppure il tuo quadro o quale piatto preferisci? Ora fermati e rifletti: ma tu hai la totale cognizione di giudizio? Sfoglierai mai tutti i volumi mai scritti? Riuscirai a vedere l’intera produzione cinematografica della storia? Visiterai mai tutti i musei terrestri? Avrai modo di assaggiare le infinite combinazioni culinarie?

E’ scientificamente provato che i nostri occhi non possano percepire l’intero ventaglio dei colori esistenti, così come le nostre orecchie ci impediscono di udire la gamma completa dei suoni ed allo stesso modo il nostro naso ci limita nel percepire alcune essenze.

L’essere umano è limitato, amico mio.

 

Quando ti alzi la mattina, qual è la prima cosa a cui pensi?

Non che sia sbagliato, ma io sono già al termine della giornata con la mente, a quando mi dovrò coricare. Mi rimbalza in testa il fatto che quel giorno non esisterà mai più nella storia dell’universo. Ed io mi chiedo se ho fatto effettivamente ciò che mi permettesse di renderlo unico, evitando di trasformarlo nell’ennesimo foglio sulla disordinata scrivania di un esistenza qualunquista.

Ma tu non ci pensi mai? Non provi pena per coloro che non hanno più fiducia nella prossima pagina? Per tutti quelli che vivono come se sapessero già come finisce il loro romanzo, la cui conclusione non ha nulla di invidiabile o degno di nota.

Poverini loro, scritti per riempire gli scaffali.

Non lo so, vecchio mio. Nessuno è realmente in grado di decifrare cosa gli riserverà il futuro. Ed è per questo che sei chiamato a scegliere: puoi lasciarti inghiottire dalla routine e dal suo inesorabile oblio, accumulando paginate su paginate, sperando in modo rassegnato in una svolta, per poi renderti conto che essa non esiste, ritrovandoti bloccato nel buio totale, ad aspettare che il tomo si chiuda, sconfortato dal non aver fatto nulla di memorabile.

 

Oppure puoi decidere di agire e diventare il vero autore di te stesso. Magari c’è del fascino anche nell’oscurità, che a me può sfuggire. Non è detto che tutti preferiscano la luce. La cosa importante, però, è che tu ti ricordi di decidere prima o poi, tenendo conto che la mia analisi è figlia della nostra cultura, visto che segue un modello palesemente manicheo. Chissà se vi sono anche zone di penombra, dove il bianco ed il nero si mischiano in modo indissolubile per creare il grigio.

Ma soprattutto, caro mio, non rimandare in eterno. Ti rinfresco la memoria sui nostri studi, ricordandoti che esiste un girone infernale per gli ignavi.

Ma no, ti immagini? Ne parlo ora con te perché son sicuro che riesci a capirmi. Figuriamoci se a tavola tiro fuori discorsi del genere. Non vorrei essere nei panni del mio interlocutore.

Comunque hai ragione. Tutto questo crea un’instabilità di fondo a chiunque sia condannato a tali pensieri. Nessuno escluso, ognuno compreso.

 

Anche prima, davanti allo specchio, era la medesima scena, con copione diverso. Ero assillato dai dubbi riguardanti il mio aspetto fisico e, a maggior ragione, quello mentale. Potrei risultare perfetto all’occhio ma scegliere le parole sbagliate, rovinando tutto quanto, così come il contrario. Potrei vestirmi in modo disarmonico, con i capelli fuori posto e il viso stanco e sconsolato nell’espressione, ma grazie a ciò che mi esce dalla bocca potrei salvare la serata.
Forse il bello risiede qui, nel finale a sorpresa. Sai, la vita è come un trailer: ti crei delle aspettative basandoti soltanto su di una fetta parziale del contenuto completo. Eppure, le anticipazioni servono a creare curiosità in chi guarda. Io sono curioso della vita, ho visto la mia clip e sono fiducioso. Però non è da escludere mai un finale inatteso. Il colpo di scena. Altrimenti, se tutto seguisse lo schema della fiaba, con un lieto fine matematicamente certo al termine, che gusto ci sarebbe?

Ciò che ti auguro è di non rimanere mai deluso. Di riuscire a dare senso ad ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni attimo. Meriti di avere il tavolo sgombro dalle cartacce accumulate nel tempo, e che la conclusione del tuo personale volume sia elettrizzante e che ti renda soddisfatto. Una di quelle che quando arrivi al termine vorresti subito rileggere tutto e cogliere i mille particolari che ti son sfuggiti al primo sguardo.

Sì, è questo. Grazie della compagnia e della chiacchierata splendida, spero di poterti incontrare presto in giro. Salutami i tuoi. Certamente, presenterò.

 

Buonasera, salve. Sì, sono il signor D’Emilio. Sì, giusto, avevo prenotato. Bravissimo, sono quello che ha gentilmente richiesto di avere il proprio tavolo attaccato frontalmente allo specchio.“