Morì lo stesso giorno in cui si sposò, zio Franco. Io non ero ancora nato, ma so come andò tutta la faccenda, perché due suoi amici me l’hanno raccontata tempo addietro.
Fu un dramma gigantesco in casa nostra, potete capire. Lo zio Franco era il fratello di babbo, un distinto direttore di banca, non bello, ma interessante, così mi hanno sempre detto. Girava per le nostre strade di Lucca con una Lancia color giallo limone, di modo che potevi vederlo arrivare anche a distanza di decine di metri. Indossava, zio Franco, sempre camicie sgargianti e certe scarpe lucidissime che parevano pronte per la processione del Santissimo.
Da quel che so aveva un buon carattere, forse era un po’ troppo dolce, come dicono i pisani, ma di sicuro, essendo dei nostri, non era cattivo, anche perché se no non sarebbe diventato direttore di banca. Ho qui di fronte a me alcune vecchie fotografie di lui nel suo ufficio a Lucca, credo piazza Bernardini, e vedo zio Franco impettito come un pomodoro incannato e rivedo nei suoi occhietti furbi, nascosti dagli occhiali, forse i miei, anche se poi non mi hanno nominato direttore di banca. Che poi zio Franco, nonostante il suo impiego fosse di un certo prestigio ed in qualche modo delicato, non era quel tipo di direttore di banca che oggi ci immaginiamo.
La sera, prima di rientrare a casa sua, si fermava nel suo solito bar, che poi è quello che fa angolo nella medesima piazza Bernardini, dove di fianco corre via Santa Croce. Lì prendeva un paio di vermut e poi tranquillo, dentro la sua Lancia color giallo limone, se ne andava a casa. Nel corso degli anni ho conosciuto alcuni amici di zio Franco. Era sì uno che lavorava in banca ma allo stesso tempo era simpatico e sapeva sempre come sdrammatizzare le situazioni quando era in compagnia.
Qualcuno mi ha detto che, non so come abbia fatto, gli cancellò in un attimo un certo debito che questo suo amico aveva contratto con la banca. Certo, fosse stato scoperto, di mezzo ci sarebbe andato zio, ma il suo amico mi ha detto che nessuno se ne accorse e che anche per questo lui lo ricorderà sempre come un bravo e simpatico uomo, anche se direttore di banca.
I pomeriggi di sabato, così so, zio Franco passava a prendere i suoi amici, che poi erano sempre Giulio e Paolo, uno geometra e l’altro architetto, ed andavano per lo più verso il mare, forse Castiglioncello o San Vincenzo, quasi mai in Versilia. Zio quando era con i suoi amici preferiti era il più buffo di tutti, offriva quasi sempre lui, anche se non era molto forte nel conquistare le ragazze. Così mi hanno detto.
È stato Giulio, il geometra lucchese amico di zio Franco, che mi ha raccontato di quando conobbe Lucia, quella che poi sarebbe diventata per una manciata di minuti sua moglie. Cerco di raccontarla come mi riesce, senza piangere come ha fatto tutto il tempo Giulio, nel mentre che mi raccontava questa storia.
Allora, erano zio, Giulio e Paolo a San Vincenzo, in un bar del corso di quella cittadina, allora un posto direi abbastanza chic. Era uno di quei posti che zio Franco adorava. Lì aveva comprato pure una casa quasi a picco sul mare, così mi hanno detto. Era ferragosto, e faceva un caldo tremendo. I due amici di zio e zio Franco bevevano seduti sulla spiaggia e parlavano delle cose recenti accadute a Lucca, quando una splendida figliola, con i capelli rossi e gli occhi color dell’acqua di San Vincenzo, si avvicinò dritta dritta a zio Franco, che indossava un costume attillatissimo nero.
Lì per lì zio rimase un po’ sconcertato da quella mirabile visione e strizzò gli occhi per capire se fosse una cliente della banca o qualcuna del suo quartiere che conosceva. Lei allungò la mano e la mise quasi sotto gli occhi di zio Franco, scandendo bene il suo nome. Ma zio non la conosceva affatto. Dopo pochi minuti zio Franco era già al bar con questa figliola, che per pochi minuti è stata sua moglie. Non è possibile sapere cosa si dissero quei due mentre bevevano il loro vermut in allegria, ma Giulio e Paolo coi lucciconi agli occhi mi hanno detto che lei non faceva altro che ridere, e non credo che zio Franco le raccontasse della partita doppia o degli assegni circolari. Zio Franco era così. Come ho detto era Ferragosto.
Il 3 di novembre zio Franco e Lucia si sposarono a Lucca. I testimoni di zio, ovviamente, non potevano che essere Giulio e Paolo, i quali mi hanno regalato tutte le fotografie che un fotografo di Lucca fece durante quella breve occasione.
Zio era elegantissimo, abito chiaro, cravatta gialla, che so non dalle foto in bianco e nero, ma dalla viva voce dei due testimoni. Lucia, se possibile, era ancora più bella. Abito corto color crema, guanti fin quasi al gomito che pareva Rita Hayworth in Gilda e due scarpette rosso fuoco, come di fuoco erano i suoi capelli. Tutto stava andando bene; i due quasi sposini erano pazzi di amore e i loro occhi erano lucidi come se sopra ci avessero buttato della cera. Il prete, un bel pretino giovane di campagna, biondo come una pannocchia, amico di zio Franco, semplice e buono come il pane di avena, stava lì con l’ostia in mano pronto a darla a Lucia, quando zio Franco storse gli occhi, disse qualcosa, si pose la mano sul braccio sinistro e stramazzò a terra, cadendo vicino ai piedi del chierichetto che teneva immobile il piattello. Come tutto ebbe principio, tutto finì.
Zio Franco ebbe un infarto che lo condusse alla tomba ancora col vestito da sposo. I due testimoni cercarono di rianimarlo ma non ci fu niente da fare. Lucia si buttò a sedere e raccolse gli aiuti dei suoi genitori sgomenti quanto lei. Il prete corse in canonica a telefonare al suo medico. La coppia di testimoni di Lucia si alzò e fece come per scappare di chiesa, tanto erano impauriti. In così breve tempo un giorno di felicità si trasformò in uno di dolore. Dall’amore si scivolò subito tra le braccia belle spalancate della morte.
Questo è quello che so dalle parole dei due amici di zio Franco, il direttore di banca buffo e amante della vita, che in un attimo e con lo stesso abito passò da una chiesa festante per il suo matrimonio ad una in lutto per la sua improvvisa dipartita.
Non ho fatto in tempo a conoscere zia Lucia. Peccato. Mi sarebbe piaciuto averla come zia. Qualche anno dopo, in un giorno di agosto, ed io voglio credere che fosse proprio ferragosto, come quando conobbe zio Franco a San Vincenzo, fu trovata in acqua da alcuni pescatori di Viareggio. Chi sa da quanto tempo aveva viaggiato lì da cadavere. Aveva indosso il vestito da sposa, quel vestito, che zio Franco ebbe la sfortuna di vedere solo per poco.