Home Varie da Pescia ITALO PIEROTTI La repubblica dei grilli e delle cavallette | Italo Pierotti

La repubblica dei grilli e delle cavallette | Italo Pierotti

C’era un buffone, un buffone di quelli veri, uno di quelli che per mestiere fanno ridere.

Ai buffoni vengono permesse cose che ai comuni mortali non sono concesse. Il buffone, come un grillo parlante, può scherzare con il re, prenderlo in giro, mettere alla berlina comportamenti e abitudini che lui non gradisce, e lo può fare in maniera becera, offensiva, ma comica, e giù risate, il re non si offende.

Problemi veri e gravi li trasforma in comiche, in buffonate, appunto, e tutti giù a ridere, anche il re se la ride. Il buffone fa il suo mestiere, ridicolizza il potere, lo sfotte, e lo fa bene. Il successo è strepitoso.

Da sempre le persone vogliono un potere che governi e allo stesso tempo hanno il desiderio irrefrenabile di contestarlo, di sbeffeggiarlo, proprio quello che fa il buffone. A loro non è consentito o non hanno il coraggio per farlo. Il buffone può, è il suo mestiere, prende in giro il re e tutti i suoi compari, li offende, li ridicolizza, li trasforma in caricature, e giù risate. Trasforma le degenerazioni e gli aspetti più opprimenti e vessatori del potere in comiche da avanspettacolo, e giù risate.

Mettere alla berlina il potere, anzi, mandarlo affanculo impunemente procura un successo strepitoso e i grilli, sempre più numerosi riempirono le piazze per osannare il grillo parlante.

Ma il confine tra il re e il buffone è molto sottile e con il successo ottenuto il buffone pensò che avrebbe potuto facilmente sostituirsi al re, e così fu. Per prima cosa trasformò il regno in repubblica, non voleva fare il re, per timore che un nuovo buffone gli facesse fare la stessa fine, e mandò altri che il potere lo gestissero in suo nome. Naturalmente dettò le regole:

_i politici sono corrotti per definizione e a Roma ci deve andare gente comune;

_uno vale uno, chi ci va, ci va, tanto è uguale, chi vuole andare lo mettiamo su internet e chi prende più “like” ha vinto. Tanto chi va a Roma, quando dovrà votare in parlamento per decidere qualcosa, mica lo farà di testa sua, faremo un referendum su internet e in dieci minuti la riposta sarà pronta;

_i soldini, a parte quelli necessari per comprarsi una pizza e una birra, saranno versati nella cassa comune che non si sa bene dove sia, ma saranno al sicuro;

_la repubblica non dovrà crescere ma decrescere, una decrescita felice;

_l’economia sarà verde, le grandi opere saranno cancellate, le infrastrutture: cancellate, gli inceneritori: cancellati, i sindacati: cancellati, i posti di lavoro cresceranno col riutilizzo della spazzatura e la mobilità sostenibile, e giù applausi, giù risate.

C’erano anche le cavallette e si sa, le cavallette sono fameliche, specie quelle rosse, dove arrivano fanno tabula rasa. Erano giunte da oriente ma non come i re magi che portavano doni, queste portavano fame e distruzione, per fortuna in oriente erano riusciti a distruggerle pagando un prezzo altissimo in morti e povertà. Purtroppo piccoli gruppi, camuffandosi perbenino, erano arrivati da noi. Cambiavano nome e capo cavalletta ogni tre giorni per non farsi riconoscere e, naturalmente, promettevano il paradiso in terra, come avevano sempre fatto, ma la gente non abboccava.

A furia di camuffarsi e saltare da un fantoccio ad un altro, non sapevano più nemmeno loro chi fossero, unica cosa rimasta inalterata: la mandibola tritatutto.

Anche i grilli non sopportavano le cavallette ma quando si presentò l’occasione, fedeli al detto: ora o mai più, pur di prendere il potere, senza che le persone, quelle che fino ad allora avevano riso e applaudito, potessero muovere un dito, tappandosi il naso e con gli occhi bendati, abbracciarono strette strette le cavallette.

Così, col giochino dei “like” e dell’uno vale uno, personaggi che non avrebbero faticato a primeggiare nelle comiche o nell’avanspettacolo si trovarono ai posti di comando, unici caratteri comuni: l’incompetenza politica e tecnica e la faccia tosta.

Qualche esempio al riguardo: un avvocaticchio, doti e pregi sconosciuti all’universo intero, non si sa perché, né si sa da chi, fu messo a capo; in posti di comando sedettero il d.J. Foffo, Giggi il bibitaro, Rocco il Grande Fratello e in panchina, pronto a entrare, Dibba l’animatore turistico.

Foffo il d.j. alla giustizia, il posto giusto per lui, dicono avesse lavorato col capo e che facesse confusione tra “colposo” e “doloso”, ma ci si deve accontentare.

Giggi agli esteri era inevitabile, vender bibite allo stadio quando c’erano state tante partite di coppa aveva fornito l’esperienza internazionale necessaria.

Rocco, il G.F. portavoce del capo. Scelta azzeccata, meglio che porti la voce degli altri perché con la sua è rimasto impresso quando disse che i bambini down gli davano fastidio e che i poveri puzzavano, del resto con 169.000 euro di stipendio non si poteva trovare di meglio.

Speranza al ministero della salute perché il suo nome è tutto un programma.

Dibba l’animatore turistico e famosissimo scrittore, anche se adesso mi sfuggono i titoli dei suoi capolavori, ha come programma quello di portarci a dipendere dalla Cina, poveraccio, è anche sfortunato perché dalla Cina, proprio ora ci han fatto arrivare in regalo un piccolo virus che ci lascerà in mutande.

Vedo le cose a modo mio, e che volete, ho il viziaccio di dirlo. Del resto sono giustificato, sono stato cresciuto male, a occuparsi della cosa pubblica c’era gente che aveva il senso dello stato, vedeva la politica come missione e non come mestiere, era convinta della indispensabilità, prima di poterla praticare, di una solida preparazione culturale ed esperienza sul campo.

Rubavano!, grideranno in coro grilli e cavallette. Certo, finanziavano i partiti con le bustarelle, con le tangenti, tutti i partiti, nessuno escluso, specialmente quelli che strillavano più forte, i partiti, non loro stessi.

Sono ancora qui che aspetto da trent’anni che trovino il malloppo di Craxi, di Forlani, di Andreotti, di Occhetto, di La Malfa, ecc. ecc.. Nel frattempo cadono come pere cotte con le manette ai posi decine di quelli sarebbero i moralizzatori, ultimo, proprio oggi, Sergio de Gregorio, l’ex senatore dell’Italia dei Valori passato poi col Berlusca, dicono per la modica spesa di tre milioni.

Con quei personaggi ai posti di comando, gli altri Paesi si possono permettere di trattarci come pezzenti, come accattoni, ultimamente siamo diventati tutti appestati. Tutti ci danno ordini, camuffati da suggerimenti, persino il rappresentante della Lettonia, avete presente la Lettonia? Fa la voce grossa, quella del padrone e i nostri scodinzolano ossequienti facendo finta che sia tutto normale.

Di fronte a tanta incapacità non posso non ricordarmi chi, seduto su quelle poltrone ordini dall’estero non ne prendeva.

Berlinguer, per esempio, pur profondamente immerso nell’ideologia comunista non accettò di sottostare alle imposizioni della Russia sovietica ed applicare in Italia le regole di quel regime e lo strappo fu profondo e doloroso.

Craxi, per esempio, un aereo, con a bordo terroristi palestinesi che avevano ucciso un americano su una nave da crociera italiana, atterrò a Sigonella, in Sicilia. Gli americani volevano prendere in consegna i terroristi. L’areo fu circondato dai Carabinieri con le armi in pugno, gli americani su ordine di Reagan avevano mandato senza autorizzazione all’atterraggio due aerei con i militari della Delta Force, che a loro volta, armi in pugno, circondarono i carabinieri.

Il Governo, Craxi a capo, Andreotti agli esteri, Spadolini alla difesa, disse a Reagan che in Italia comandavano gli italiani e ordinò ai mezzi corazzati di intervenire e circondare gli sceriffi USA, a Reagan non restò che suonare la ritirata.

Moro, per esempio, democristiano fin dalla Costituente, cultore della filosofia del diritto e della filosofia della politica, sempre alla ricerca di soluzioni nuove e avanzate rispetto ai tempi, convintamente cattolico osservante e praticante, di casa in Vaticano e col Papa. Per risolvere la profonda crisi politica senza sbocchi che attanagliava l’Italia, ipotizzò e progettò, fuori da tutti gli schemi, un Governo che comprendesse anche i comunisti. La contrarietà del Vaticano, degli Stati Uniti e financo della Russia, non lo fecero recedere di un millimetro e fu per questo che pagò con la vita, ammazzato da quella banda di criminali delle Brigate Rosse.

Pertini, per esempio, socialista, che dopo sette anni di carcere duro a Pianosa, e il carcere fascista non era allegro come quello odierno, non ubbidì neanche a sua madre che a suo nome aveva chiesto la grazia e scrisse: “Al Presidente del Tribunale Speciale. La comunicazione, che mia madre ha presentato domanda di grazia in mio favore, mi umilia profondamente. Non mi associo, quindi a simile domanda, perché sento che macchierei la mia fede politica, che più d’ogni cosa, della mia stessa vita mi preme. Il recluso politico Sandro Pertini”.

Beh, le convinzioni politiche devono essere diverse, ma i politici si giudicano anche in quanto persone, io sono antico e fuori moda e mi tengo i Moro, Craxi, Spadolini, Andreotti, Pertini e Berlinguer, a voi che siete moderni vi toccano Foffo, l’avvocaticchio, Giggi, Dibba, il Grande Fratello e, speriamo che ci resti, Speranza.