È una situazione fuori dall’ordinario quella che stiamo vivendo, una situazione che cambierà il nostro futuro e il nostro modo di vedere le cose. Siamo di fronte ad un’emergenza alla quale dobbiamo rispondere con serietà e determinazione, rispettando le prescrizioni e proseguendo la nostra vita improvvisamente travolta da questo virus. Ne risente il morale, l’economia e naturalmente anche la scuola. La didattica a distanza è una buona soluzione per evitare di trascurare la formazione ma è inevitabile la perdita di socializzazione e contatto umano che sono due punti cardinali nel processo di educazione. La mattina la lezione si svolge davanti ad uno schermo senza una battuta o un chiacchiericcio sottovoce; sarebbe troppo complicato e le voci si sovrapporrebbero. Così che ciò che prima era momento di condivisione adesso è semplice lezione frontale; la disumanizzazione del concetto di classe. Il prezzo più caro lo paghiamo noi maturandi privati dei nostri ultimi mesi in aula, con docenti che ci fanno comprendere la responsabilità che dobbiamo dimostrare di possedere e con la consapevolezza che mai come in questo anno la parola maturità è stata così adatta. La nostalgia dell’aula si fa sentire già adesso, come se l’ultimo giorno di scuola fosse domani. Il fatto è che siamo ancora immersi nello studio e lo saremo fino a giugno se non luglio; senza sapere ancora come ufficializzeremo la fine del nostro percorso, senza sapere se torneremo a salutare per l’ultima volta la nostra classe e senza abbracciare nessuno perché ci è stato proibito anche il contatto fisico. È una grande dimostrazione di maturità la capacità di dividerci fra l’organizzazione dello studio da soli, i passatempo in casa e le serate fra compagni di classe su Google meet in un anno di pochi “con” e molti “senza”. Ma faremo tutto ciò che è possibile con la passione per ciò che studiamo, con il cuore a scuola fra quei banchi, con la testa sui libri e con nostalgia del tempo trascorso assieme.