Senatore Chiti, come giudica l’intervento politico ed economico dell’Unione Europea a favore degli Stati colpiti dal covid 19?
«L’unione Europea si è mossa bene. Bisogna tenere conto dei reali poteri che detiene. Sulla sanità la competenza è degli Stati nazionali quindi l’Unione come ha fatto può soltanto coordinare. Per affrontare l’emergenza ha preso decisioni nuove e di rilievo: ha stanziato risorse, ha contribuito alla scelta della Banca Centrale Europea di mettere a disposizione 750 miliardi di euro, ha sospeso il Patto di stabilità, quel macigno che aveva condizionato negativamente il modo di affrontare la grave crisi economica scoppiata nel 2008. Sono decisioni orientate dalla solidarietà. Colgo l’occasione per sottolineare come queste scelte dell’Unione mettano in crisi le concezioni della destra reazionaria e sovranista. Di più: l’emergenza coronavirus ha distrutto la narrazione ideologica della destra. Non solo il virus non si ferma alle frontiere ma appare chiaro che alle sfide globali non è possibile rispondere da soli. Se l’Unione Europea fosse già una vera democrazia federale saremmo stati più forti e sicuri».
Quali saranno, secondo lei, i danni causati da questa pandemia che l’Unione Europea dovrà pagare?
«Ora dobbiamo sconfiggere il virus pensando al tempo stesso al dopo, alla ripresa della normalità della vita, ad uno sviluppo da rilanciare su basi nuove. Il colpo sull’economia è durissimo. Bisognerà convogliare risorse nazionali ed europee – penso ad esempio al varo degli eurobond- per sostenere le imprese, in particolare quelle medie e piccole, settori prioritari come la ricerca, la sanità, la tutela del territorio, i beni culturali e il patrimonio ambientale, su cui si fonda il turismo, la modernizzazione delle infrastrutture, in primo luogo le ferrovie. Secondo me ci vorrà un grande piano di sviluppo, diciamo un piano Marshall europeo. Noi dovremo fare anche i conti con un’evasione fiscale vergognosa. Non la possiamo più tollerare se vogliamo avere un welfare universale e di qualità, a partire da sanità e istruzione».
A suo avviso, cos’altro può celare questa terribile pandemia a svantaggio della civiltà occidentale?
«Il coronavirus cambia la nostra civiltà, non solo l’Occidente. Ci chiede altri stili di vita. Ci domanda di mettere al primo posto la dignità di ogni persona, uno sviluppo fondato su giustizia sociale ed ecologica. Esige che non si sprechino risorse per armamenti sempre più distruttivi ma si impieghino per i bisogni della famiglia umana. Ci interroga sull’efficacia della democrazia che, da noi, non può più essere solo quella confinata negli Stati nazionali, ma pretende di realizzarsi come federalismo europeo. Gli Stati Uniti d’Europa. Infine afferma come prioritario il bene comune, senza il quale non può essere soddisfatto neanche il legittimo interesse dei singoli».