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C’era una volta nella regione di Rolandia… | Anna Mancioli e Davide Tuccori

C’era una volta nella lontana regione di Rolandia un re di nome Triamo, che fece tre figli con la regina Ferrea. Il più grande si chiamava Robby, aveva tredici anni, era un ragazzo molto robusto, possedeva dei bellissimi occhi color verde smeraldo e capelli di un rosso così intenso da sembrare fuoco, ma soprattutto era dotato di una grandissima onestà. Il secondo si chiamava Benny, aveva dodici anni, possedeva una maestosa chioma di capelli castano chiaro, era più mingherlino di suo fratello, ma di sicuro era più intelligente. Benny possedeva il dono dell’amicizia e il suo motto era “QUANDO TROVI UN AMICO TROVI UN TESORO“. Egli riusciva a diventare amico di qualunque persona. La terza figlia era Jenny, aveva undici anni e folti capelli biondi. La sua più grande dote era l’amore per gli altri, tanto che riusciva a voler bene anche alle persone più spregevoli.

 

Il re Triamo aveva un fratello, lo stregone Trizio che si era creato un piccolo regno all’interno della regione di Rolandia. I due fratelli discutevano spesso sulla natura delle magiche chiavi della felicità e su chi dovesse custodirle. Secondo un’antica credenza le chiavi donavano al suo possessore e al suo popolo la felicità ma ad una condizione: il cuore di chi le conservava doveva essere sincero e saggio. Le chiavi erano custodite dal re Triamo e il suo popolo viveva in pace e in armonia. Invece nel regno dello stregone la felicità non si vedeva da anni.

Alla fine dell’ennesima discussione i due fratelli decisero di fare un duello: il vincitore avrebbe ottenuto le tre chiavi della felicità. Finalmente arrivò il giorno della contesa. Triamo e Trizio dovevano combattere in un grande campo delimitato da imponenti mura ricoperte d’oro e argento. Tutti i cittadini del regno erano presenti sugli spalti. Si sentì il suono del gong: la battaglia ebbe inizio. Trizio sferrò immediatamente un potentissimo colpo di spada alla gamba di Triamo. Egli urlò di dolore: “ARGHHH!”. Lo stregone, vedendo l’avversario a terra, puntò la spada sul petto di Triamo e disse con fare minaccioso:”Dicono che il bene vince sempre sul male, ma oggi non sarà così!”. Tuttavia con abili colpi di spada e agili mosse il re riuscì a disarmare Trizio e lo rese inoffensivo. La battaglia si concluse così con la vittoria del re di Rolandia.

 

La notte seguente lo stregone Trizio, grazie ai suoi poteri magici, s’intrufolò nel castello di Triamo e riuscì a rubare le tre chiavi della felicità. Non gli era andato proprio giù che suo fratello avesse vinto. Al mattino le guardie del castello si accorsero che le tre chiavi erano scomparse. Andarono ad avvertire il re, che subito s’infuriò. Mandò il suo esercito nel regno di Trizio, perché sospettava che fosse proprio lui il responsabile del furto. I soldati dello stregone si dimostrarono imbattibili e i Rolandiani furono sconfitti facilmente. Il re Triamo, disperato, convocò i suoi tre figli: ”A voi tre affido un compito speciale: dovrete riportami le tre chiavi della felicità, ma state attenti se la vostra missione non andrà a buon fine, non salirete mai sul trono e il nostro popolo non avrà mai più pace!”. I tre ragazzi molto confusi, non fecero in tempo a dire una parola, che le guardie li avevano già buttati in un pozzo buio e molto profondo. Il trio, quando riprese conoscenza, si ritrovò in un campo con l’erba di un colore violastro scuro e gli alberi con il tronco nero e foglie grigie. Robby che era il più grande, fece notare agli altri che si trovavano nella regione dominata dal malvagio stregone Trizio. Benny e Jenny spaventati dissero in coro: ”IMPOSSIBILE! Come abbiamo fatto ad arrivare fin qui?”. Robby esclamò:”Ragazzi ma non vi siete accorti che le guardie di nostro padre ci hanno buttato in un pozzo? Quel pozzo che si trova nel giardino del palazzo reale, dove nostro padre ci ha sempre vietato di andare”. “Ma dove possiamo trovare le chiavi?”, disse Jenny. “E’ ovvio, dobbiamo entrare nel castello di nostro zio”, ribattè Benny. I ragazzi si incamminarono fino ad arrivare al castello. Non sapevano come fare per entrare, ma all’improvviso una nube li catturò e li trasportò via. Finirono in una sala angusta. Il trio notò una porta in fondo alla stanza, provarono ad aprirla ma subito tutto intorno si fece scuro e un vento fortissimo scagliò Benny e Jenny contro il muro. Robby spaventato si trovò solo. Davanti a lui comparvero tre nubi, su ognuna delle quali c’era scritta una domanda. Egli appena le vide non riuscì a capire cosa ci fosse scritto. Ma dopo qualche minuto realizzò che erano le uniche tre domande a cui non era mai riuscito a rispondere:

 

“Hai mai voluto diventare re?”, “Hai mai invidiato i tuoi fratelli?”, “Hai mai detto il falso?”

 

Delle funi si attorcigliarono attorno agli altri due fratelli. Robby capì che per metterli in salvo doveva rispondere al più presto. Disse: ”Va bene iniziamo”.

“Non ho mai voluto diventare re per la paura di deludere il mio popolo.”

“Ho invidiato i miei fratelli perché erano più amati e coccolati di me. Mi sentivo dimenticato, escluso”.

Una lacrima gli rigò il viso.

“Si, una volta ho mentito e me ne vergogno ancora amaramente.”

Appena ebbe finito di rispondere, la sala s’illuminò e i nodi delle funi scomparvero.

Benny e Jenny andarono ad abbracciare Robby.

Nel mentre una chiave della felicità comparve sopra le loro teste. Era la chiave dell’onestà, che il fratello aveva conquistato.

 

I tre fratelli oltrepassarono la porta, che con quella chiave si aprì. Al di là di essa si trovava una grande caverna in cui abitava un gigante che non socializzava con nessuno e che custodiva gelosamente la seconda chiave della felicità. Appena i tre ragazzi viderono quel mostro gigantesco, si misero a correre nella caverna, cercando l’uscita. Benny, che era molto intelligente, intuì subito il problema del gigante: non aveva amici perché era molto timido e non lasciava entrare nessuno nella sua caverna. Non si fidava delle persone. Il ragazzo si fermò e andò incontro al mostro: “Ehi tu, guardami!”. Il gigante si girò. “Ti voglio aiutare, stai tranquillo. Non ti farò del male!”. I fratelli urlarono:”Nooo, ma cosa fai? Ti mangerà vivo!!!”. Benny non li ascoltò e continuò: ”Io ti capisco, quando ero piccolo, non avevo amici e mi sentivo solo. Non mi fidavo di nessuno. Ora invece ho tanti amici! Secondo te come ho fatto? Non di certo standomene seduto a non fare nulla, ma vincendo la mia timidezza”. Il gigante ribatté: ”Io sto bene così, non ho bisogno di amici e nemmeno di te!!!”, e lanciò un masso contro Benny. Il ragazzo lo schivò agilmente: “Dammi la mano, voglio essere tuo amico”, insistè senza farsi intimorire. Il gigante rimase colpito da questo gesto. Nessuno mai si era avvicinato così tanto a lui, così timidamente tese la sua mano verso Benny e gli consegnò la chiave dell’amicizia, ringraziandolo per aver risvegliato in lui quel sentimento e la fiducia negli altri.

 

Benny e i suoi fratelli giunsero in una nuova sala. Era molto diversa dalle altre. Era una grande stanza a specchi. In fondo ad un angolo c’era un signore vestito di nero e incappucciato. Era una persona molto anziana e di aspetto orrendo, tant’è che chi lo vedeva, fuggiva a gambe levate dallo spavento. Tuttavia Jenny riuscì a vedere in lui qualcosa di diverso. Lei non dava importanza all’aspetto esteriore ma sapeva andare oltre le apparenze. La ragazza aveva capito il suo disagio. Gli disse: ”Togliti il cappuccio! Non aver paura di far vedere chi sei veramente, sono certa che tu sei un brav’uomo”. Il vecchio ribattè: ”Sono sicuro che anche tu quando vedrai la mia faccia, rimarrai disgustata!”. Jenny rispose: ”Ma no! Cosa dici? A me non importa del tuo aspetto fisico, l’unica cosa che conta di te, è l’aspetto interiore. Devi imparare ad amare gli altri e prima di tutto te stesso.”

Il signore sorpreso dalla profondità delle parole di Jenny si tolse il cappuccio e riuscì dopo tanti anni a mostrarsi per quello che era, una persona finalmente pronta a ricevere e dare amore. L’uomo si avvicinò alla ragazza e le diede la terza chiave, quella dell’amore.

 

Finalmente i tre fratelli ritrovate tutte le chiavi, erano pronti ad affrontare lo stregone Trizio. Arrivarono quindi alla sala reale, dove lo zio li stava aspettando. Appena li vide, esclamò: ”Voi sciocchi ficcanaso siete venuti a disturbarmi e adesso ne pagherete le conseguenze!”. Trizio si alzò e partì alla carica. I tre ragazzi non avevano armi per difendersi. Ma improvvisamente le chiavi si unirono, formando una lunga spada d’oro e d’argento. Tutti e tre la impugnarono e riuscirono a sferrare un potente colpo contro Trizio. L’uomo caddè a terra, subito sconfitto dal potente incantesimo della spada luccicante. In coro i tre fratelli dissero allo stregone: ”Perchè hai rubato le tre chiavi? Nostro padre ti aveva sconfitto lealmente! Cosa ti manca?”. Trizio rispose: ”Cosa mi manca? Quello che avete voi!”. “Cosa? La spada, le chiavi?”, replicarono i ragazzi. “Nooo, a me manca la felicità! Credevo che rubando le chiavi sarei stato felice, ma non è stato così”, esclamò Trizio. I tre ragazzi commossi dalle parole finalmente sincere dello zio risposero: ”Perchè non ce l’hai detto prima? Non sono solo le chiavi a dare la felicità, poiché essa si trova nel nostro cuore. Bisogna cercarla con sincerità e senza paura di chiedere aiuto agli altri”. In quel momento negli occhi di Trizio comparve una luce nuova, che rese tutto il suo regno ricco di colori e di armonia. I tre ragazzi tornarono a Rolandia portando con sé non soltanto le tre chiavi ma soprattutto la consapevolezza di aver reso finalmente felice il regno più triste e cupo dell’universo.

 

Anna Mancioli – Davide Tuccori 1^B