Dolore, sgomento e inquietudine sono causati anche dal “femminicidio”. Un fenomeno problematico che sta segnando soprattutto questi anni dilatandosi in modo impressionante in tutto il mondo.

Su questa tremenda realtà, la senatrice Barbara Masini ha risposto con grande capacità di analisi e precisione di contenuti alle nostre domande.

 

A suo avviso, per quale motivo l’uomo di questo nostro secolo ricorre ad uccidere la propria donna, mentre quello dei secoli passati si limitava, in alcuni casi, soltanto a percuoterla?

Mi perdoni la franchezza, ma quel “soltanto” inserito nella domanda mi inquieta e nemmeno poco. Se mi dice che la situazione è peggiorata rispetto al passato ne prendo atto e bisognerà valutare bene le motivazioni di questa degenerazione ma, onestamente, non ne faccio una questione di grado di violenza.

 

Da cosa deriva, secondo lei, tanta atrocità nell’uccidere facendo uso anche di benzina, di coltello, di acido cloridrico, di veleno e di gas?

Anche in questo caso mi perdoni se eluderò in qualche modo la domanda ma non credo che il mezzo modifichi l’essenza intrinseca dell’atto.

 

A parer suo, perché l’uomo di oggi, ricorrendo all’uccisione della propria partner, non tiene presente che lei stessa gli ha consentito perfino la grandissima gioia della paternità?

Una donna viene uccisa in quanto donna prima ancora che in quanto partner, e tralascio appositamente di utilizzare il pronome “proprio” perché una donna non è proprietà di nessuno, tantomeno di un partner. In secondo luogo, separerei la questione violenza di genere dalla questione paternità, che non considero una concessione della donna bensì una condivisione di amore. Che vuol dire che se una coppia non ha figli allora l’uomo è più legittimato a uccidere la donna che non gli ha concesso questa gioia?

 

In che misura i media inoculano nei mariti un odio tanto feroce nei confronti della medesima moglie?

Sebbene l’85% degli atti di violenza avvengano all’interno della sfera relazionale, il problema è molto più diffuso. Detto questo, è indubbio che i media, e più in generale i mezzi di comunicazione, hanno una rilevanza fondamentale, quali strumenti potenti di eco dei messaggi che scelgono di veicolare. Per cui, tanto quanto un certo tipo di linguaggio e lo sdoganamento della violenza, verbale e fisica, raccontata sui social network da pagine e gruppi discutibili, contribuiscono ad alimentare una cultura degenerativa, così una buona comunicazione aiuterebbe ad educare al rispetto reciproco e a sostenere e incentivare la realizzazione e l’autonomia di tutti gli individui.

 

La concessione del divorzio finisce quasi sempre per penalizzare maggiormente il marito che spesse volte viene ridotto in tale stato di miseria da indurlo a frequentare le mense della Caritas per far fronte al sostentamento dell’ex moglie e dei figli. Questo stato di miseria può essere causa di femminicidio?

Ora, giustificare un ipotetico femminicidio con uno stato di miseria dell’ex marito mi sembra eccessivo e anche pericoloso. Intanto perché, come già detto, non tutti i delitti a danno delle donne si svolgono nell’ambito del matrimonio, e poi perché bisognerebbe effettivamente avere contezza di quanti omicidi versano in condizioni disagiate. Ad ogni modo, forse sarebbe il caso di ribaltare la questione e pensare a come rendere le donne economicamente più indipendenti. In Italia una donna su due non è economicamente autonoma grazie a un lavoro, due su tre al Sud, e spesso non lo è anche perché mancano politiche che incentivino e supportino la maternità e il lavoro femminile, compresa la parità salariale, che definirei un’altra violenza che colpisce le donne in quanto tali. Perché se faccio lo stesso lavoro di un collega uomo devo essere pagata meno? Perché la mia indipendenza deve essere limitata?.

 

Secondo il suo punto di vista, quali provvedimenti legislativi dovrebbero essere assunti in merito?

È necessario inasprire le pene, ma soprattutto velocizzare i processi garantendo certezza della pena e rieducazione del reo; snellire i protocolli di denuncia ma associandovi una formazione mirata del personale che per primo si trova a fronteggiare questi casi. Il Codice Rosso, approvato in questa legislatura, ha fatto qualche passo in avanti in questi campi, ma ancora non a sufficienza.

Inoltre, incentivando e facilitando il lavoro, come ho già detto prima, anche con leggi ad hoc che tutelino e fortifichino le donne e le madri nella loro ricerca di indipendenza: su questo punto, con l’associazione di cui sono fondatrice assieme all’On. Mara Carfagna, abbiamo fatto una serie di proposte concrete per l’indipendenza, il lavoro e la tutela delle donne e la famiglia, attraverso un progetto che abbiamo chiamato Women Act e che vi invito a leggere nei suoi vari punti. Inoltre Forza Italia è sempre stato molto attento alla tutela delle donne, anche la Legge sullo Stalking si deve ad un governo presieduto dal Presidente Berlusconi.

 

Secondo lei, per quale ragione i mariti assassini non tengono conto delle pene interminabili che verranno loro inflitte dai giudici?

Perché purtroppo, troppo spesso, le pene non sono così interminabili. E torniamo al punto precedente, una riforma della giustizia che consenta processi più veloci e pene certe è forse il provvedimento più urgente.

 

In che misura la Chiesa e la Scuola non intimoriscono i giovani e gli adulti sulla severità delle pene previste dal Codice Penale nei confronti di chi commette un assassinio?

Tutte le agenzie sociali ed educative giocano un ruolo fondamentale nella formazione e nell’informazione dei nostri ragazzi. Il punto non è intimorirli rispetto alla severità delle pene, il punto è educarli a non commettere alcun atto che possa nuocere a sé e agli altri. Citando Pitagora dico “Educa i bambini, e non sarà necessario punire gli adulti”.

 

Quanta responsabilità grava sulla società di oggi, avara di valori e di sani principi, il femminicidio?

Se per società si intende ognuno di noi, direi tantissima. È chiaro che chi commette delitti di questo tipo ha un’indole violenta, magari un passato difficile oppure ha subito a sua volta atti di violenza, ma è anche vero che tutto ciò che gli accade intorno ha un impatto sulla sua indole. È il discorso che facevo per i media, se si fanno passare messaggi sbagliati qualcuno potrebbe prenderli ad esempio.

 

Cosa suggerisce al fine di debellare questo mostruoso e dilagante fenomeno?

Cultura, formazione ed educazione. Non solo dei fatti o delle punizioni ma più profonda. Un’educazione sentimentale, che insegni ai ragazzi a conoscersi, a conoscere il proprio corpo, a relazionarsi, a gestire psicologicamente successi e fallimenti; purtroppo questo tipo di educazione non ha avuto uno sviluppo corretto nei percorsi scolastici del nostro Paese, l’unico assieme alla Grecia che non ha programmi per questo tipo di insegnamento. Il futuro dei nostri ragazzi è finito nel tritacarne della polemica politica, che ha trasformato un necessario percorso di educazione alla sentimentalità per un qualcosa d’altro. È il grande male di un Paese dove si vota ogni pochi mesi per qualcosa e tutto deve essere finalizzato alla rapida propaganda: usare un fine anche giusto per farlo diventare un mezzo spesso manipolato e distorto. In tutto questo a rimetterci è il futuro delle prossime generazioni.