Diversi anni fa le abilità come palleggio, passaggio e tiro erano il fine dell’apprendimento; gli esercizi non avevano alcuna attinenza con lo sviluppo delle capacità di gioco e non sollecitavano nel bambino la consapevolezza del “perché” di quei movimenti: quando tirare oppure passare la palla. Il cambio di prospettiva deriva dalla necessità di cambiare la didattica per rispondere al meglio alle esigenze dei bambini di oggi ricchi di potenzialità ma anche con numerosi e infiniti limiti.
Gli studi hanno evidenziato quanto l’emozione sia importante nell’apprendimento a tal punto che un sapere appreso con emozione è motivante e non lo si dimentica. Il cambio di prospettiva comporta il superamento di una didattica improntata su stimolo-risposta, su un istruttore che comanda e il bambino che esegue; in definitiva si superano gli stereopiti di un istruttore che “programma” attraverso esercizi.
Giocando a minibasket, un gioco sport di situazione, il bambino si ritrova a risolvere continuamente problemi ai quali deve dare una risposta più rapidamente possibile attingendo a risorse individuali e personali, più è in grado di recepire dall’ambiente il maggior numero di informazioni e rielaborarle, mobilitando e fondendo in maniera pertinente una grande quantità di risorse personali e sociali oltre che tecniche.
Altra parola chiave che va ad arricchire il nuovo modello di minibasket è l’autonomia, ovvero la capacità di auto organizzarsi da un punto di vista personale ma in relazione al sociale: in definitiva la capacità di fare scelte consapevoli e responsabili ponendo il bambino al centro del proprio apprendimento. Nella fascia di età del minibasket si passa dal gioco di esplorazione al gioco simbolico per raggiungere il cosiddetto “gioco sport”; l’insieme di strategie, procedure, mezzi e contenuti attraverso i quali si intende favorire l’apprendimento di pratiche sportive.
Il destinatario è il bambino nella sua totalità, unicità e diversità antropologica e culturale.