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Venticinque | Rosy Gianneschi

Venticinque, nozze d’argento per gli innamorati.
Venticinque, due più cinque, e due più cinque fa sette, Pasqualino Settebellezze, e Sette sono pure le Meraviglie del mondo, e una meraviglia è questa qui, festeggiare in questo inizio d’anno il mitico Giornalino, più ganzo di quello di Giamburrasca, fatto di tante teste e di altrettante storie, vicende più o meno note, viste, riviste o inedite, trascritte, interpretate, osannate, dipinte e pitturate, criticate, storpiate ad arte, battute e ribattute, percorse e ripercorse, con occhi, mani e cervello, corrette, minuziosamente ricordate o stralciate, ridotte, epurate, ripulite, raffinate, sgrassate, portate agli estremi ed all’esagerazione, ma pur sempre intrise di emozioni e di passioni, e via così un anno dopo quell’altro, e via così come questo tempo che scorre via inesorabile lasciando dietro di sé fiumi e fiumi di carta macchiata di inchiostro e di colore.
Una parola, un’impronta, una storia da copertina, una parola che dice tutto e niente in un solo colpo, un’impronta indelebile che ipoteca presente e passato, un racconto ancora tutto da scrivere e che presto verrà, venendoti a cercare nel più profondo del cuore, e tenendoti anche sveglio la notte se occorre pur di essere scritto.
Chi scrive fa così, prima fissa il foglio bianco e poi pensa, pensa a cosa vorrebbe dire, a cosa vorrebbe dire oggi nel caso fortunato di incontrare un buon uomo disponibile a tendergli orecchie e mani.
Chi scrive fa così, sogna di poter raccontare qualcosa di sé, e di farlo in una maniera a dir poco interessante, in modo da riuscire a catturare seppur per qualche momento il suo lettore, consapevole del fatto che la vita è dura e che è assai difficile rubare il tempo e distogliere questa bestia rara (il lettore, appunto) dalle proprie quotidiane faccende che certamente di più lo attraggono.
Chi scrive sogna di far sognare, chi scrive brama di poter volare nel mio caso in un mondo fantastico che forse non c’è, a meno che non lo si voglia creare dal nulla, o dal tutto che già c’ingombra in estrema abbondanza; dipende come sempre dai punti di vista, dal voler considerare il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno.
Agli amici dico in questo 2020 di giocare alla Smorfia il 25, gli anni del nostro Giornalino: il 25 è il numero dei nodi dipanati, delle cause vinte dopo tanto affanno, della vita che torna a rinascere dopo mille intrighi, dei cavalli al trotto e del gioco della mosca cieca che ci fa ritornare improvvisamente bambini.
Dopo 25 anni di penna e calamaio dicono che si cambia, che è ora di cambiare, dicono…..dicono che bisogna diventare telematici e anche telepatici se occorre, anticipando il Vostro pensiero e sentimento.
E allora per restare insieme vorrà dire che come camaleonti ci trasformeremo adeguandoci ai tempi che corrono più veloci della luce, e cavalcano terreni per lo più inesplorati e vergini, pronti per nuove semine.
Dicono anche che tutto cambia e nulla cambia: ecco l’eterno scontro fra il vecchio che resiste ed il nuovo che prepotentemente viene.
“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” (Tancredi, nipote del Principe Fabrizio Salina, ne “Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, uscito l’11.11.1958 per Feltrinelli).
Quindi la penna ed il calamaio di certo io non lo abbandono, a cambiare sarà la forma e non il contenuto….vi do quindi appuntamento al mese prossimo….spersi nei meandri dell’etere, della rete, del web…..vi prego, venitemi a cercare se mi perdo……